di William Valentini per Crampi Sportivi

Johannesburg, Sudafrica, 27 giugno 2010, Soccer City Stadium. Si affrontano Argentina e Messico. Al 26′ Carlos “El Apache” Tevez, in evidente fuorigioco, traduce in rete un assist di Messi. Ayroldi (guardalinee) e Rosetti (arbitro) convalidano. Fino a qui nulla di grave se non che l’avveniristico stadio sudafricano ha enormi schermi che trasmettono i replay della partita. Così tutti gli 84377 spettatori, più i 22 giocatori i campo, tutte le panchine e i rispettivi staff e anche lo stesso Ayroldi riguardano l’azione incriminata. Tutti tranne Rosetti, che si obbliga a non alzare lo sguardo, ma si rende benissimo conto di aver perso la possibilità di arbitrare la finale del torneo.

Ironia della sorte, o più probabilmente della Fifa, il compito di sviluppare la VAR (Video Assistant Referees) nel nostro campionato è stato affidato proprio a Rosetti.

Per quanto il 2 ottobre abbia segnato l’esordio della moviola in serie A, esattamente un mese prima la sperimentazione della stessa tecnologia era stata avviata nel corso di Italia-Francia. Trattandosi di un’amichevole settembrina di post-Europei, l’agonismo non era alle stelle e l’arbitro non ha avuto bisogno dell’assistenza video se non per un presunto tocco di mano in area di Kurzawa al 33′.

Al momento la Federazione che ha fatto più passi avanti nell’introduzione di questa tecnologia è quella olandese. La KNVB ha adottato la moviola per la coppa nazionale. Il 22 settembre durante la partita tra Ajax e Willem II, il centrocampista della squadra di Tilburg Anouar Kali è stato espulso. Per la prima volta a decretare l’uscita dal campo è stato l’intervento dell’arbitro addetto alla moviola: quello sul campo lo aveva solo ammonito.

In Italia hanno discreta risonanza mediatica, per via di alcuni opinionisti televisivi che se ne fanno promotori, le opinioni contrarie all’introduzione della moviola. Quantomeno, si invoca l’insostituibilità dell’arbitro, la necessità di averlo come figura centrale nella partita, e il fatto che l’integrità del gioco non debba essere interrotta da interventi esterni.

La questione potrebbe essere più sottile: in generale sperare nella perfezione nell’arbitraggio potrebbe essere un esercizio di reazionaria fantasia, poiché sarebbe come pretendere che un essere umano sia selettivamente in grado di annullare la propria emotività e praticare l’infallibilità matematica, scevro da qualsiasi fattore di condizionamento emotivo e quindi anche di qualsiasi velleità di interpretazione degli eventi della partita, psicologia dei giocatori e dell’ambiente-stadio. La comprensione dell’altrui fattore umano, insomma.

Eppure, probabilmente anche chi crede che la moviola toglierà ogni margine di errore arbitrale dalla partita potrebbe rimanere deluso dall’applicazione. In questo caso potrebbe essere emblematico, oltre che profetico, il caso del rugby, che adotta la moviola da molti anni e che di conseguenza è stato lo sport che ha mostrato come molte volte si verifichi un contrasto tra il video-arbitro e quello sul campo.

Il rugby si gioca su un campo delle stesse dimensioni di quello di calcio e soprattutto conosce l’interpretazione arbitrale, che in questa disciplina esiste ed è soggettiva (come nel caso di un placcaggio alto). Nelle ultime stagioni l’adozione del TMO (la moviola) sta finendo spesso al centro delle critiche perché, nonostante tutto, palesa talvolta la differenza che esiste tra i migliori arbitri e quelli di seconda fascia: le partite arbitrate dai secondi diventano uno stillicidio di interruzioni, dovute alla mancanza di sicurezza della terna arbitrale che ricorre all’aiuto video per ogni placcaggio duro. Inoltre, i contrasti tra il video arbitro e quello sul campo non si eliminano affatto. Un esempio in tal senso è dato dalla finale di Premier League britannica del 2014. Il numero 10 dei Saracens, Farrell, si vide annullare una meta dal TMO che era stata precedentemente convalidata dall’arbitro Doyle. La notizia è che l’intervento del video non era stato richiesto dall’arbitro che ne ha dovuto però tenere conto. Per la cronaca, vinse Northampton.

Questo perché l’arbitraggio è, banalmente, un’esperienza legata ai sensi di chi lo compie (in campo come in un furgone nel parcheggio dello stadio) e visto che l’esperienza del rugby prova che la VAR può solo avvicinare all’arbitraggio perfetto e non garantirlo a prescindere, forse la soluzione più affidabile è una giusta convivenza tra i due metodi. Ad esempio la soluzione individuata dall’International Football Association Board, l’organo garante delle regole del calcio, prevede il ricorso all’assistenza video solo in quattro casi: gol no-gol, rigori, espulsioni e scambio di persona.

La prossima edizione della Coppa Italia sarà il terreno di prova definitivo per questa novità nel nostro calcio, mentre nel caso di Milan-Sassuolo e Torino-Fiorentina l’esperimento della VAR è partito off-line, in punta di piedi, il che significa che la terna arbitrale non aveva contatti con l’arbitro alla moviola. Nell’attesa del collaudo definitivo il dibattito può concentrarsi sul numero di telecamere presenti nello stadio (la moviola è fatta con le immagini televisive, e in teoria, più telecamere ci sono e più è facile arbitrare). In fondo, data anche l’esperienza maturata nel rugby, una prudente e graduale sperimentazione pare la strada più consona per legittimare la VAR come la grande rivoluzione che promette di essere.

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