“Pensate che avrebbero detto se Muraro fosse del Pd? In fondo la svolta della Raggi è dare la gestione dei rifiuti a un donna collegata totalmente a Mafia Capitale, a quelli che c’erano prima. La doppia morale dei 5 Stelle fa ridere i polli”. Gioca in casa Matteo Renzi, e davanti ai giovani della scuola di formazione del Partito democratico la sua propaganda per il sì al referendum assume i contorni e i contenuti della campagna elettorale. Parte con un – inedito – attacco frontale a Virginia Raggi per colpire il Movimento 5 Stelle, schierato e compatto dalla parte del ‘no’. La sindaca però respinge le accuse in un post su facebook e rilancia: “Attendiamo ancora di sapere cosa ha fatto con i fondi delle cene elettorali con Buzzi. Il PD non crederà mica che l’abbiamo dimenticato?”.

Il premier gioca la sua partita in vista del 4 dicembre su più fronti: tenta di risalire i sondaggi che lo vedono in svantaggio – con gli indecisi fermi al 35 per cento – chiedendo l’impegno dei suoi ministri, da Alfano alla Boschi, passando per Padoan e Delrio, a sponsorizzare in tv il referendum voluto dal suo governo. Tutti mobilitati per i prossimi settanta giorni, inclusi parlamentari e dirigenti dem. E ingaggia i giovani dem: “C’è bisogno di prendere tutte le scuole del vostro territorio”. E quella dello scontro diretto per lui è “la via più efficace”, ha detto Enrico Mentana dopo avere ospitato il confronto con Zagrebelsky, proprio “come il Berlusconi del 2006″. Poi ci sono iniziative a tappeto che culmineranno nel weekend della Leopolda, il 13 o 20 novembre. Agende pienissime, per andare a spiegare di persona a quanti più cittadini possibile le ragioni del . Perché ci saranno le affissioni – il taglio dei parlamentari sarà uno degli temi più marcati – ma conta più il ‘porta a porta’.

Le modifiche alla legge elettorale. D’Alimonte: “Renzi non rinunci al ballottaggio” – E la partita del referendum – per quanto Renzi non voglia legarla all’Italicum – è legata a doppio filo a quella dei cambiamenti alla legge elettorale previsti per il 10 ottobre, merce di scambio e terreno di scontro con la minoranza dem. I punti irrinunciabili del premier sono vittoria del sì, un sistema che garantisca governabilità e stabilità e la disponibilità a rinunciare al ballottaggio in cambio di proposte alternative. Ma Roberto D’Alimonte, esperto di sistemi elettorali e considerato padre dell’Italicum, sul Sole 24 ore smentisce il presidente del Consiglio: referendum e Italicum sono strettamente dipendenti l’uno dall’altro. Perché, spiega, “senza una buona legge elettorale la riforma costituzionale da sola non può favorire la cosa che conta di più e cioè la stabilità dei governi”. In sostanza, scrive il politologo, “il sistema elettorale è una condizione necessaria anche se non sufficiente”. Trattare con chi vuole cambiare la legge elettorale, prosegue, deve avere dei limiti. Sì alla sostituzione dei capilista bloccati con un sistema di collegi uninonimali proporzionali, sì alle candidature plurime e all’introduzione del premio di coalizione. Ma D’Alimonte pone il veto sulla cancellazione del ballottaggio, che è “il meccanismo più semplice, più trasparente e più democratico per cercare di favorire la creazione di governi stabili in condizioni difficili”. Se su questo punto Renzi cederà, dice, “i ‘no’ avranno già vinto senza il bisogno di andare a votare a dicembre”.

Renzi e gli attacchi ai 5 Stelle – Parla davanti ai giovani del partito e prosegue l’affondo contro i 5 Stelle, che va da Di Battista al caso delle dimissioni di Ilaria Capua, fino alle critiche alla Raggi e alle battaglie legali. “Tanti parlamentari del M5s – ha aggiunto – ci hanno attaccato dicendo che eravamo il partito delle tangenti. Noi li abbiamo denunciati. E ora, davanti al giudice, stanno tutti chiedendo di godere dell’immunità”. Cita alcuni eletti M5s tra cui lo “scienziato Di Battista” che in un post “aveva lanciato una campagna contro Ilaria Capua accusandola di traffico illecito di virus, che era chiaramente una bufala. La Capua giustamente ha detto in questo Parlamento non ci sto, mentre ci resta Di Battista“. E ancora: “Il problema non è cosa fa la Raggi sul tetto – prosegue ricordando l’immagine in cui la sindaca era ritratta sul tetto del Campidoglio – ma cosa fa quando scende. Non ho alcun problema a dire che quella immagine mi piace e se avessi un tetto palazzo Chigi ci andrei”. Polemico anche sulla scelta di Massimo Colomban il Campidoglio: “Hanno nominato assessore alle partecipate un indipendentista veneto. E’ una scelta meravigliosa. Interessante e coraggioso che lui abbia accettato. Vediamo cosa fanno”.

Renzi: “Campagna per il no imbarazzante” – Poi sposta l’attenzione dai 5 Stelle al referendum, “una sfida pazzesca, molto più grande del futuro mio e del mio governo, una scelta decisiva per il futuro dell’Italia nell’Europa“. Ripete che “è la partita chiave dei prossimi 20 anni, non tornerà più un’occasione del genere”. Sfotte il comitato del ‘no’ (“non hanno trovato le firme, poverini, non ce l’hanno fatta, perché i troll non valgono”) che sta facendo una campagna “imbarazzante” e che “aveva posto la richiesta di fare il referendum, esattamente sulla stessa domanda che ha giudicato scorretta, perché lo prevede la legge e la Corte di cassazione com’è il quesito, non noi”. Lo accusa di avere messo in atto “una vergognosa operazione di mistificazione” e rivendica: “La discussione nostra è sul merito del confronto, la discussione loro è sugli slogan che non esistono”.

Poi ingaggia i giovani dem nella campagna per il sì: “Questa partita l’avete in mano particolarmente voi, noi abbiamo bisogno di recuperare in alcune zone, abbiamo soprattutto bisogno di un impegno capillare dei più giovani”. L’obiettivo è uno: “Prendere tutte le scuole del vostro territorio. Le scuole, i licei. I ragazzi che votano sono spesso avvicinati da persone che vogliono raccontare la riforma e la raccontano deformata e parlano di deriva autoritaria. Anche se non servisse a niente è un fatto di educazione civica andare a spiegare che non c’è nessun rischio autoritario in Italia, ma che si sta cercando soltanto di ridurre il numero dei politici“.

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