Il bilancio del berlusconismo è affare complesso, anche se il crepuscolo degli ultimi anni dice più di cento analisi. Certo che quella di uno dei fondatori di Forza Italia, il politologo Giuliano Urbani, è impietosa. Urbani non ha mai usato i toni rancorosi di altri ex. Però, ammetteva su La Stampa il 26 gennaio 2014, il tentativo di ”vedere finalmente in Italia un partito liberale di massa” fu ”una grande occasione perduta”. Infatti “avevamo un gigantesco debito pubblico, e in questi vent’anni non l’abbiamo ridotto di un euro, anzi è ulteriormente cresciuto. Il sistema politico fa ridere, o piangere a seconda dei punti di vista”. E le energie fresche della società civile scese in campo con Berlusconi nel 1994 “hanno assorbito i vizi della vecchia politica, dal clientelismo alla lottizzazione, alla corruzione”.

Ecco, questo è Berlusconi raccontato da chi lo ha conosciuto bene e non è mai stato minato dal terribile tarlo della sua “demonizzazione”. Alla vigilia dell’ottantesimo compleanno, il quattro volte presidente del consiglio rilascia una malinconica intervista a uno dei suoi giornali, Chi. Provato dal recente intervento al cuore, disegna un futuro in cui la famiglia conterà più della politica: “La cosa che ho realizzato, forse la più importante, è che passerò più tempo con i miei figli e i miei nipoti”. Si vedrà. Certo Berlusconi non sarebbe stato Berlusconi, e forse l’Italia non sarebbe l’Italia di oggi, se in tanti non avessero chiuso gli occhi e la bocca per così tanto tempo in nome di convenienze del momento o di improbabili rivoluzioni.

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