“Cittadini e comune votarono per il verde? Non mi sembra. Ma se è così ne terremo conto”. È la risposta di Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano e presidente di Arexpo, la società proprietaria dei terreni dell’Expo, se gli si chiede come mai dal progetto del post Expo sia improvvisamente scomparso il parco da oltre 500mila metri quadri finora dato per certo. Nelle linee guida sul futuro dell’area presentate nei giorni scorsi da Arexpo si parla infatti di “verde diffuso” e non più di un unico parco. Eppure alla base della scelta di un unico parco non c’erano solo le promesse delle istituzioni, ma anche il referendum consultivo del 2011, in cui il 95,51% dei milanesi votanti si era espresso in tal senso. Così come di “area verde unitaria, non frammentata” e di “verde compatto” parlavano in modo chiaro due mozioni approvate rispettivamente dai consigli comunali di Milano e di Rho, altro comune su cui si estendono le aree dell’esposizione universale. Ma Azzone, da poco scelto da Matteo Renzi per guidare il progetto Casa Italia sulla prevenzione dei danni da sisma, dice di non saperne nulla e giustifica il nuovo corso: “Nelle linee guida del post Expo non viene messo come vincolo che la parte a parco sia tutta concentrata, per non avere una parte a cemento e una parte a parco”. E le mozioni dei comuni di Milano e Rho che parlano di parco unico? “Non mi sembra che le cose siano messe in modo così rigido. Però se è messo in modo così rigido, ci adegueremo”

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