“Grillo, Peppe Grillo passò”. Antonio, venditore di olive nello storico mercato di Ballarò, è incredulo: il leader del Movimento 5 Stelle è appena passato a pochi centimetri dalla sua bancarella. Una specie di evento, se è vero che Antonio ha momentaneamente cambiato lo slogan che urla per vendere la sua merce: da “Alivi, cu li voli l’alivi (olive, chi le vuole le olive)” a “U Grillo, Peppe Grillo passò”. Praticamente un’epifania. “Per me è un mito – dice – Se lo voto? Certo: l’ho votato e lo voterò ancora”. Il motivo? “Li devono mandare tutti a casa ‘sti ladroni che ci comandano”. Si sveglia così la Palermo pentastellata, con il comico genovese che spiazza tutti e decide di materializzarsi tra i banchi di frutta e verdura del centro storico, il ventre molle della città scelta per ospitare Italia 5 Stelle, la festa nazionale dei grillini. “Farla qui è una scelta politica ma in fondo è anche una specie di ritorno a casa” , spiegava alla vigilia Giancarlo Cancelleri, leader dei grillini siciliani che proprio qui fecero registrare il primo grande exploit del Movimento su scala nazionale.

Erano le elezioni regionali del 2012, quelle di Grillo che attraversa lo Stretto a nuoto: quattro anni dopo quella traversata i 5 Stelle in Sicilia sono cresciuti in maniera esponenziale. Oggi amministrano 8 comuni – record nazionale – sono arrivati primi al Senato nel 2013 e adesso puntano a sottrarre a Rosario Crocetta la poltrona di governatore. Un’escalation costante che non ha quasi mai risentito dei momenti di crisi nazionale del Movimento: come se in Sicilia i grillini fossero dentro ad una sorta di bolla, dove le contraddizioni e i momenti di tensione esplosi nel frattempo nel resto d’Italia non arrivano. “Noi da quattro anni lavoriamo all’Assemblea regionale siciliana, probabilmente il consiglio regionale più complesso d’Italia, e adesso siamo pronti a governare come già facciamo in tanti comuni”, dice sempre Cancelleri, ormai un vero e proprio vip per la folla di grillini che sul prato del Foro Italico si aggira tra gli stand dei comuni siciliani. C’è quello di Ragusa, dove dal 2013 il sindaco è Federico Piccitto, un ingegnere quarantenne di formazione cattolica, più volte paragonato a Chiara Appendino per il low profile tenuto in pubblico. “Spero che il paragone sia dovuto al fatto che mi considerano laborioso”, prova a scherzare, prima di farsi nuovamente serissimo. “Se abbiamo avuto dei problemi? Ma quello è normale. Non è facile fare passare il messaggio che una volta vinte le elezioni non si protesta più, ma bisogna appunto amministrare. È un cambio di visione che molti, soprattutto alla base, faticano a metabolizzare. Da parte mia ho sempre provato a discutere, discutere molto per evitare spaccature col meet up”.

Poco distante da Ragusa, ecco il gazebo di Alcamo, per un ventennio feudo del centrosinistra in una Sicilia iper berlusconiana, oggi città più grillina d’Italia (alle politiche del 2013, il M5s ha preso il 48 percento), l’ultimo centro conquistato dai pentastellati nel giugno scorso: sarà per questo che lo stand è tra i più affollati. “Ci sono tutti o quasi i consiglieri ma anche gli attivisti”, dice il sindaco Domenico Surdi, avvocato trentenne con un passato nella Sinistra Giovanile. “Perché abbiamo vinto? C’era voglia di cambiare registro. E il vecchio sistema politico non aveva ormai più niente da dire. Ma il nostro non è più un voto di protesta: anzi adesso dobbiamo dimostrare che sappiamo amministrare”. Sulla stessa lunghezza d’onda Pippo Purpora, sindaco di Grammichele, tredicimila anime in provincia di Catania, città natale dell’ex governatore Raffaele Lombardo, l’inventore del Movimento per l’Autonomia. “Da noi ovviamente l’Mpa pigliava percentuali bulgare, poi è cambiato il vento. Lombardo? È venuto un paio di volte a sostenere il suo uomo, ma non si vede quasi più in pubblico”. Purpora è riuscito nell’impresa di sconfiggere proprio il candidato di Lombardo. “Io a Grammichele ci sono andato due mesi prima dalle elezioni, in campagna elettorale, e tutto il Paese mi diceva: Il prossimo sindaco? Pippo Purpora è”, scherza lo stesso Cancelleri. Attorno gli elettori lo fermano, gli stringono la mano, gli chiedono un selfie: “Una foto con il prossimo governatore”. Il deputato pentastellato acconsente. Poi, però, aggiunge: “Il candidato governatore dobbiamo sceglierlo su internet”. Meglio sottolineare.

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