Jérôme Kerviel è condannato a risarcire 1 milione alla Société Générale. Ma la banca, che pure smentisce il problema, rischia di dover restituire 2,2 miliardi di crediti d’imposta allo Stato francese. La sentenza della Corte d’appello di Versailles su uno dei più grandi scandali finanziari del mondo apre insomma uno scenario inedito. E per di più bacchetta indirettamente i dirigenti della banca fra cui, all’epoca dei fatti, figurava anche Jean-Pierre Mustier, attuale numero uno di Unicredit ed ex responsabile della divisione investment banking in cui lavorava Kerviel. Tutto sommato, l’ex trader, protagonista del buco da 5,5 miliardi alla Société Générale, ne è soddisfatto: l’ammontare del risarcimento è stato enormemente ridimensionato rispetto ai 4,9 miliardi pretesi dalla banca. Certo si tratta pur sempre di una cifra consistente. Senza contare che due anni fa Kerviel è stato condannato con sentenza definitiva a cinque anni di reclusione per falso e truffa. Tuttavia è indubbio che nella sentenza di Versailles i giudici non vadano molto lontano dalla “tesi complottistica” sostenuta da Kerviel, come precisa il giornale La Tribune.

La sentenza, che per Le Monde attribuisce “la maggior parte della responsabilità civile alla banca”, getta infatti un’ombra sui meccanismi di controllo dell’istituto. “Le carenze nell’organizzazione e i dispositivi di controllo e di sicurezza della banca (…) avevano un carattere di colpevolezza sul piano civile (…) limitano il diritto all’indennizzo della Société Générale”, si legge nel documento riportato da La Tribune. “Se le colpe penali commesse da Jérôme Kerviel hanno direttamente concorso alla produzione dei danni subiti dalla Société Générale – prosegue la sentenza – le colpe multiple commesse dalla banca hanno avuto un ruolo centrale e determinante nel processo casuale all’origine della costituzione di un importantissimo pregiudizio che le è derivato”. Per i giudici le défaillances “in materia di controllo e sorveglianza dei rischi” da un lato hanno “permesso di commettere dei delitti e di ritardarne la loro individuazione e dall’altra hanno avuto un ruolo essenziale nel sopraggiungere e nello sviluppo del pregiudizio fino ad una soglia critica” per la stessa sopravvivenza della banca.

Ma c’è di più. La decisione dei giudici ha anche aperto uno scenario inquietante per la Société Générale, mettendo in discussione 2,197 miliardi di crediti di imposte di cui la banca ha beneficiato deducendo la perdita registrata in bilancio nel 2008. Per l’istituto, il tema è inesistente e anzi sostiene che la sentenza sia “senza effetto sulla situazione fiscale di Société Générale”. Ma intanto il ministro dell’Economia e delle finanze, Michel Sapin ha domandato all’Amministrazione fiscale di “esaminare le conseguenze della sentenza sulla situazione fiscale della Société Générale relativamente ai risultati d’esercizio dell’anno 2008 e di preservare integralmente gli interessi dello Stato”. Anche l’avvocato di Kerviel, David Koubbi, si è messo a disposizione del ministro Sapin per far sì che lo Stato “recuperi i due miliardi di soldi pubblici che la Société Générale ha ingurgitato”. L’intera faccenda rischia ora di diventare un caldo tema politico in una delicata campagna elettorale in vista delle presidenziali 2017. Julien Bayou, deputato eletto nelle liste di Europe Écologie Les Verts, ha presentato un saggio dal titolo Kerviel: un affare da due miliardi per la Société Générale (prefazione di Eva Joly) in cui pretende il rimborso del “regalo fiscale” fatto all’istituto di credito guidato da Frédéric Oudéa. Difficile dire come finirà. Anche perché la sensazione, in giro per l’Europa, è che banche e banchieri cadano sempre in piedi: i loro stipendi sono svincolati da risultati e responsabilità, le loro defaillances vengono “dimenticate” o “perdonate” dalla politica. E se lasciano buchi da coprire, in qualche modo, ci pensa poi lo Stato in nome di una necessaria stabilità finanziaria.

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