Oggi di Tiziana non si parla più. Sono bastati un paio di giorni per dimenticare il caso della 31enne di Casalnuovo di Napoli che si è tolta la vita per la gogna online a seguito di un video hot condiviso su WhatsApp e diventato virale. Tiziana è già fuori dalla cronaca. Tra qualche settimana non ci ricorderemo nemmeno il suo nome e il suo cognome.

Ma devono restare alcune domande a tormentarci: perché una ragazza di 31 anni ha voluto filmare la sua intimità? Perché una giovane donna ha condiviso via WhatsApp la nudità del suo corpo? Perché così tante persone hanno reso pubblici quei pochi minuti, quegli istanti di sesso tra un uomo e una donna? Che interessava al popolo del Web vedere due corpi che si intrecciano?

Ciò che è accaduto non riguarda Tiziana ma tutti noi. Se anche dovessimo dimenticare il caso della ragazza di Casalnuovo non possiamo girare pagina. E’ di stamattina il caso, riportato dal Corriere della Sera di due coppie di fidanzatini cagliaritani di 14 e 16 anni che si sono lasciati fotografare a letto nudi. Un gioco, hanno spiegato. Ancora una volta quelle immagini finiscono in Rete, su WhatsApp e poi su Facebook. Scatta la denuncia, le indagini e la goliardata finisce. Inizia la gogna.

Ancora domande: tutta colpa del Web? Dei social network?

Al festival della filosofia di Modena, domenica, Umberto Galimberti si è scagliato contro la digitalizzazione della scuola, contro una scuola che si butta sui computer.
Qualche ora dopo Enzo Bianchi ha parlato dell’animalità dell’uomo ricordando che “nella società spettacolarizzata la sessualità è spersonalizzata. Le giovani generazioni soffrono di analfabetismo erotico”.

Troppo facile dare la colpa al Web, allo strumento, alla tecnologia. La vicenda di Tiziana e dei ragazzi di Cagliari ci riporta più in là, al compito essenziale di chi educa: non nascondersi dietro la foglia di fico, affrontare gli argomenti della vita.
Ha ragione il priore di Bose: l’educazione all’eros deve diventare una priorità. Oggi, in classe (dalla primaria alla secondaria di secondo grado), quando parli di sessualità partono i risolini. Nelle scuole di questo Paese parlare di sessualità (compresa l’omosessualità) è ancora un tabù. Quando ho affrontato questo argomento in una classe quinta, mentre iniziavo a parlare, Marco si è alzato ed è andato a chiudere la porta della classe (sempre aperta nelle mie ore). Al momento non ho capito perché l’avesse fatto. Ho riaperto la porta e dopo qualche minuto il mio alunno si è alzato a richiuderla. Alla terza volta ho chiesto a Marco: “Perché chiudi la porta?”. Risposta: “Sai maestro quando si parla di certe cose…”.
Eppure dobbiamo chiedere ai nostri alunni senza paura: cos’è l’amore per te? Cos’è il sesso?

Quando una Tiziana di turno si suicida spargiamo lacrime di coccodrillo, commenti scontati. Troppo tardi.
I nostri ragazzi sono analfabeti dell’eros ma anche analfabeti digitali.
Galimberti (e non solo lui) è convinto che i nostri giovani sappiano già tutto e che a scuola ci sono troppi insegnanti che prediligono lo schermo. Non è così: i nostri ragazzi e noi insegnanti siamo la generazione che passa parecchie ore davanti ad un computer ma non conosce le regole del Web e non lo sanno usare come strumento che può arricchire ma si fa usare per far arricchire.
Il Garante della privacy in questi giorni ha chiesto l’introduzione dell’educazione civica digitale tra le materie scolastiche. Sacrosanto appello ma dobbiamo dirci con franchezza che oggi non si fa nemmeno educazione civica.
Se non vogliamo più leggere casi come quello di Tiziana abbiamo una sola strada da percorrere: formare chi educa, ri-assegnare il compito di maestro della vita a chi entra in aula.

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