Se le cose continuassero come si sono avviate nei primi 18 giorni di settembre, sembra quasi di doversi preparare al mutamento del trentennale panorama del Duopolio. Le tre reti di Mediaset perdono infatti, messe tutte insieme, tre punti di share dalle 20.30 alle 23.30, e cioè al culmine giornaliero dell’offerta di televisione, oltre che nella fascia decisiva per l’andamento dei ricavi pubblicitari. Per contro Rai contiene la flessione di Rai 1 grazie alla vivacità di Rai 2 e alla tenuta di Rai 3Cairo beneficia del deflusso da Mediaset conquistando uno spettatore per ogni cinque che ne radunava nell’anno passato. E qui non sapremmo dire se si tratti del frutto di una evidente maggiore accortezza nelle tattiche di palinsesto e nella scelta dei film, o invece della fidelizzazione di alcune fasce di pubblico sensibili al rinfocolato posizionamento “radical” (nella versione chic e in quella populistica) dei talk show dei quali La7 è la maggiore erogatrice.

Sky, infine, ha di che fregarsi le mani perché il suo TV8, il canale terrestre che pesca nello stesso mercato pubblicitario di Mediaset e Cairo, raddoppia passando da 1 a 2 punti di share, come se il pubblico avesse cominciato ad accorgersi che le scelte di tipo generalista vanno allargandosi. Il risultato di questi movimenti dell’ascolto è, come accennavamo, che (sempre che le prossime settimane non riservino vere inversioni di tendenza sul piano degli ascolti) la spartizione della torta pubblicitaria si avvia a diventare più cruenta rispetto alla eterna palude del trentennio passato. La risultante “politica” di quel che sembra stia succedendo sarà inevitabilmente una maggiore pressione dei “privati” perché il governo restringa la quantità di ricavi pubblicitari della Rai, magari riducendone gli affollamenti. Insomma, non ci meraviglierebbe che il “mercato” stesse, proprio in queste ore, chiedendo allo Stato un riordino del mercato medesimo.

Solo supposizioni, ovviamente, ma è comunque certo che di questi riordini non si verrà a capo finché chiarezza non sarà stata fatta su due punti: 1) quale sarà il gettito del “canone in bolletta?”. Supererà quello del vecchio canone che veniva evaso in massa? E la Rai potrà davvero permettersi di tagliare affollamenti e ricavi della pubblicità grazie al maggior contributo degli abbonati? 2) ammesso e non concesso che nel bilancio Rai i ricavi “pubblici” crescano e quelli pubblicitari rimpiccioliscano, che rapporto ci sarà fra le due “casse”? La pubblicità Rai sarà talmente poca (come nella ZDF tedesca) che potrà aggiungersi ai ricavi pubblici senza deviarne il senso e la ragion d’essere? Oppure il ricavo pubblicitario, pur ridimensionato, non sarà marginale, e allora cosa accadrà?; o dentro la Rai si creeranno due aggregati di canali, con quelli finanziati solo dalla pubblicità e gli altri che invece contano solo sul canone? Oppure continuerà la promiscuità trentennale in stile Spuntì, che mischia la carne col tonno, sicché nessuno sa se pigliarsela col macellaio o col pescatore?. E allora diventa vegano.

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