“Abbiamo lanciato ieri un appello a tutti gli italiani. Segnalateci i luoghi dell’identità e della bellezza che hanno bisogno di un aiuto economico e finanziario per ripartire. L’email è semplice: bellezza@governo.it. Ci sono, pronti, 150 milioni di euro che vanno assegnati entro il 10 agosto. Le segnalazioni dovranno arrivare entro il 31 maggio”. Così scriveva sul suo profilo Facebook Matteo Renzi il 9 maggio scorso, mentre sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri veniva pubblicato un comunicato che ufficializzava la nuova misura specificando che “una commissione ad hoc stabilirà a quali progetti assegnare le risorse”. E’ così che da ogni angolo d’Italia sono state inviate segnalazioni. Da parte di cittadini, associazioni e comuni. Borghi e ville romane, conventi e forti, chiese e aree archeologiche, palazzi storici e castelli. Persino interi centri storici. Le mail arrivate alla fine sono 139.759, i luoghi circa 8000.

Insomma un autentico successo, almeno nei numeri. Già, perché l’attesa continua. In assenza di azioni. La commissione che avrebbe dovuto stabilire “a quali progetti assegnare le risorse”? Mai nominata. Il decreto di stanziamento promesso per il 10 agosto 2016 mai emanato. Conseguenza quasi naturale, nessuna graduatoria, nessun progetto scelto. Niente. Neppure dal ministero riescono a dare informazioni. Il progetto sembra evaporato. “Segnalate i luoghi che a vostro giudizio aiutano il nostro territorio a essere comunità. Perché su questo tema ci giochiamo il futuro dell’Europa, vedrete…”, scriveva Renzi.

Ma l’iniziativa culturale ancora “al palo” non è un caso isolato, sfortunatamente. Sul fronte periferie va anche peggio, se possibile, nonostante la presentazione, anche recente, di nuove misure, di ulteriori possibilità di rigenerazione offerte specificatamente dal Mibact. Chi ricorda il “Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”? Prendendo spunto dal “rammendo” che Renzo Piano proponeva per il recupero delle aree urbane periferiche degradate, ecco alla fine del 2015 il Decreto attuativo e quindi il relativo bando che metteva in palio 194.138.500 euro. Scadenza 30 novembre per la presentazione dei progetti da inviare tramite Pec ad una casella di posta elettronica.

Progetti di riqualificazione, edilizia o urbana, non solo di livello definitivo ma anche preliminare. Stabiliti i criteri di valutazione, determinato che la gestione del programma sarebbe stato a cura di una struttura politica, costituita da 13 membri in rappresentanza di 6 ministeri insieme a rappresentanti dell’Agenzia del Demanio, Regioni e comuni. Tutto pronto, quindi, considerando che le risorse sono pienamente disponibili? Non proprio. Infatti il Comitato di valutazione viene scelto soltanto a marzo, anche se è operativo da giugno. “Degli 868 progetti presentati ne sono stati esaminati finora 303. C’è un evidente ritardo, ma contiamo di pubblicare la graduatoria prima della fine dell’anno”, spiegano dal ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, uno dei ministeri coinvolti. Non rimane che aspettare. Però il dubbio che si sia trattato di due annunci, rimane. La grande visibilità iniziale mutata in un colpevole silenzio che forse, si pensava facesse da filtro a lentezze e ritardi.

Pompei e gli Uffizi aiutano l’Italia a tornare orgogliosa di se stessa, bene! Ma abbiamo bisogno anche del piccolo borgo dimenticato o del museo abbandonato o della chiesetta da ristrutturare”, scriveva Renzi nel maggio 2016. E’ il patrimonio diffuso del quale parla anche Franceschini. Patrimonio che continua ad essere in sostanziale abbandono. Un po’ come le periferie e le aree degradate di molti centri urbani. La circostanza che entrambi gli ambiti, Patrimonio culturale e aree degradate, siano parte costitutiva di “Casa Italia”, il piano per mettere in sicurezza il Paese, più che rassicurare, non può che provocare preoccupazione. E’ sempre la solita storia. Molta confusione per nulla o quasi.

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