Gli avevano sequestrato i beni, che erano stati affidati ad un amministratore giudiziario. Lui, però, per 14 anni ha continuato ad incassare regolarmente l’affitto pagato dagli inquilini di 22 immobili, che un tempo gli appartenevano. Così Pietro Lo Sicco, il costruttore-boss del quartiere Brancaccio di Palermo, è riuscito a farsi beffa dello Stato. E soltanto adesso – come scrive l’edizione palermitana di Repubblica – la Corte dei conti ha aperto un fascicolo sulla vicenda, dopo la segnalazione dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati e sequestrati.

Nel mirino dei magistrati contabili è finito Luigi Turchio, tra i commercialisti più noti a Palermo, nominato da diversi Tribunali in Sicilia per la gestione dei beni sequestrati alla mafia, amministratore del patrimonio sottratto a Lo Sicco.

Ma non solo. In totale, infatti, sono dieci le amministrazioni giudiziarie sulle quali stanno indagando i magistrati contabili: il sospetto è che siano stati applicati favoritismi nelle nomine dei consulenti e abusi nella gestione dei capitali sottratti ai boss. Sulla gestione dei beni sequestrati da parte di amministratori giudiziari sta indagando da mesi la procura di Caltanissetta. Al centro dell’inchiesta dei pm nisseni ci sono l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, da anni considerato l’asso pigliatutto della gestione dei beni confiscati.

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