Italicum fase due. L’ex presidente della Repubblica chiama (per l’ennesima volta), il presidente del Consiglio risponde presente. Giorgio Napolitano, a Repubblica, ribadisce quello che dice dal giorno dell’approvazione della legge in Parlamento: va cambiata. “Perché – spiega al direttore Mario Calabresi – nell’attuale sistema tripolare, rischia mandare al ballottaggio e di far vincere chi al primo turno ha ricevuto una base troppo scarsa di legittimazione col voto popolare”. Opinione raccolta e rilanciata, nel giro di poche ore, proprio dal presidente del consiglio, che da Bari dichiara: “La mia apertura per cambiare l’Italicum è vera e sincera“. I ritocchi al sistema elettorale potrebbero accontentare pezzi di centrodestra (che è sbriciolato e ha bisogno di una legge che favorisca le coalizioni) e sopire le minacce degli esponenti della sinistra del partito che in questi giorni con Pierluigi Bersani e Roberto Speranza hanno più volte chiarito che senza modifiche all’Italicum, voteranno no al referendum costituzionale.

“Discutiamola, approfondiamola, ma facciamo una legge elettorale migliore di questa – ripete Renzi a TeleNorba – La mia apertura è vera e sincera”. E sottolinea che anche se la Consulta dovesse promuovere la legge, questo non impedirebbe di intervenire. “Una legge elettorale la si può cambiare in 3 mesi”. Renzi e i dirigenti del governo e del Pd a lui più vicini lo hanno ripetuto per tutta l’estate: l’Italicum è a disposizione del Parlamento, non è la Bibbia, ma bisogna cercare i voti per farlo. “Io credo che sia una buona legge – dichiara per esempio il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini – Ma se nel quadro delle forze politiche e poi anche nell’atteggiamento delle forze presenti in Parlamento c’è la volontà di intervenire sul tema non ci tireremo indietro”, “non ci sottrarremo alla nostra responsabilità”. Certo, bisognerà mantenere – precisa Guerini, che sulle riforme è stato uno dei tessitori con gli altri partiti – i “punti qualificanti” come quello di “unire rappresentanza e governabilità e la possibilità per gli elettori di sapere da chi saranno governati”. Il vicesegretario, peraltro, aggiunge anche che “senza di noi non si può fare una legge elettorale e questo ci può dare una responsabilità in più”.

Nell’intervista a Repubblica Napolitano aveva spiegato che l’Italicum non va più bene perché “il gioco di governo tra due schieramenti” è “rotto, in Italia come in altri Paesi d’Europa, dall’ascesa dei nuovi partiti”. Uno scenario che per dire il vero in Italia esiste già dal 2013, quando Napolitano era ancora al Quirinale e ogni trattativa su una nuova legge elettorale doveva anche solo nascere. Con il ballottaggio e tre poli, riflette l’ex capo dello Stato, “si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40 per cento dei voti”. Ma il M5s non c’entra, dice Napolitano: “Non mi sono mai posto il problema di trovare un marchingegno per impedire una possibile vittoria dei Cinquestelle né di escluderli da consultazioni ed eventuali intese per modifiche alla legge elettorale”. “Dovrebbe essere interesse di Renzi” – prosegue Napolitano – “promuovere una ricognizione tra le forze parlamentari per capire quale possa essere il terreno di incontro per apportare modifiche alla legge elettorale. C’è in questo momento una sola iniziativa sul tappeto, è di esponenti di minoranza del Pd tra i quali Speranza ed è una proposta degna di essere considerata, insieme ad eventuali altre”.

Quanto al referendum costituzionale il presidente emerito ha ribadito il sostegno alle ragioni del sì alle riforme costituzionali, il cui fallimento – sostiene – rischierebbe di risultare fatale per gli equilibri e la stabilità dell’Italia. Sul referendum il presidente emerito precisa di non aver condiviso “la iniziale politicizzazione e personalizzazione del referendum da parte del presidente del Consiglio”. Ma dopo il cambio di rotta, “apprezzato”, nulla può giustificare la “virulenza di una personalizzazione alla rovescia“. Bocciando la riforma, comunque, dice Napolitano “se ne farebbe un’occasione mancata. Lasciando credere che si potrebbe ripartire da zero e fare meglio”.

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