Solo il 7 per cento dei Comuni italiani dà il buon esempio nella lotta all’evasione fiscale: su poco più di 8mila, sono 550 le amministrazioni comunali che hanno collaborato con il Fisco. E se nel 2014 gli enti locali di Lombardia ed Emilia Romagna hanno assicurato oltre i 2/3 dell’intero incasso recuperato dai Comuni a livello nazionale (che ammonta a oltre 21 milioni di euro), “sebbene siano aumentati gli incentivi fiscali a beneficio degli Enti, nel Mezzogiorno l’attività di ‘intelligence’ dei sindaci è stata pressoché nulla”. A segnalarlo è la Cgia (Associazione artigiani e piccole imprese) di Mestre, sottolineando però che le somme recuperate agli evasori sono in aumento. “La crescita del gettito – ha spiegato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – è aumentata perché è stata incrementata l’aliquota riconosciuta dal legislatore ai Comuni sulle maggiori entrate tributarie recuperate dall’accertamento a cui hanno collaborato”. La quota riconosciuta ai sindaci originariamente era del 30 per cento, nel 2010 è passata al 33 per cento e nel 2011 al 50 per cento. Infine, per gli anni dal 2012 al 2017 è stata elevata al 100 per cento”.

L’INCENTIVO E IL NUMERO DEGLI ACCERTAMENTI – Secondo i dati forniti dalla Cgia “quei pochi municipi che si sono attivati hanno diminuito il numero degli accertamenti sui tributi erariali (Irpef, Irap, Iva, etc.)”. Il picco massimo nel 2012 con 3.455 accertamenti, nel 2013 sono stati 2.916, nel 2014 il dato è sceso ancora a 2.701 e nel 2015 a 1.970. “Come si intuisce osservando l’andamento dell’incentivo economico riconosciuto agli enti locali per la loro partecipazione agli accertamenti fiscali – segnala la Cgia – le somme recuperate agli evasori, comunque, sono in deciso aumento”. I dati: nel 2011 i Comuni hanno ricevuto 2,9 milioni, nel 2012 la somma ha sfiorato gli 11 milioni, nel 2013 ha superato i 17,7 milioni e nel 2014 (ultimo dato disponibile) ha toccato quota 21,7 milioni di euro. Sono 550 i Comuni a cui viene riconosciuto un contributo economico per la partecipazione all’attività di accertamento ai tributi erariali del 2014. L’elaborazione è stata effettuata sui dati dei ministeri dell’Interno e dell’Economia e delle Finanze.

L’ITALIA A DUE VELOCITÀ. ANCHE AL NORD – Eppure c’è una netta differenza tra un’area e l’altra del Paese. Ad aver sfruttato l’opportunità degli incentivi sono stati prevalentemente i sindaci dell’Emilia Romagna (dove nel 2014 per le loro segnalazioni gli enti locali si sono visti riconoscere quasi sei milioni di euro) e della Lombardia (ai cui enti gli accertamenti sui tributi erariali hanno portato somme riconosciute per un importo superiore agli 8 milioni e 600mila euro). Per quanto riguarda il contributo spettante ai singoli Comuni per la loro partecipazione all’attività di accertamento fiscale e contributiva per l’anno 2014, a ricevere di più è stato il Comune di Milano (oltre 2 milioni di euro), seguito da Torino, Genova e Bergamo (che superano tutti il milione di euro) e da Reggio Emilia (718mila euro). “Ad eccezione delle amministrazioni presenti nelle Regioni a statuto speciale che non sono incluse in questa elaborazione – spiegano dalla Cgia – tra i Comuni capoluogo di provincia del Sud solo Reggio Calabria, Vibo Valentia, Pescara, Teramo, Salerno, Lecce e Benevento hanno avviato delle segnalazioni agli uomini del fisco”. Sono rimaste inattive tutte le altre e, “in modo particolare Napoli, Bari, Foggia, Caserta, Taranto, Avellino e Cosenza”. Ma non sono solo i Comuni del Sud a viaggiare a una velocità diversa rispetto alle due regioni modello. Anche nel Centro-Nord alcuni Comuni sono rimasti al palo. Tra questi Lodi, Sondrio, Biella, Vercelli, Grosseto, Lucca, Pisa, Siena, Belluno, Rovigo e Treviso. “Ci sono ancora moltissime persone completamente sconosciute al fisco – ha segnalato il segretario della Cgia Renato Mason – che continuano a nascondere quote importanti di valore aggiunto”. Un problema che non riguarda solo i privati. “Non dimentichiamo, poi, il mancato gettito imputabile alle manovre elusive delle grandi imprese – continua Mason – e alla fuga di alcuni grandi istituti bancari e assicurativi che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio per pagare meno tasse”.

COSA PREVEDE LA LEGGE – Ma cosa dovrebbero fare i Comuni contro l’evasione fiscale? Cosa prevede la legge? Attraverso il coinvolgimento degli uffici comunali preposti, “i sindaci dei Comuni – ricorda l’associazione – possono dar luogo a un’azione di contrasto all’evasione fiscale trasmettendo all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di finanza delle cosiddette ‘segnalazioni qualificate’ nei confronti di soggetti per i quali sono riscontrati comportamenti evasivi o elusivi”. Il recupero di una imposta ottenuto in seguito all’accertamento del Fisco avviato su segnalazione dei Comuni, viene trasferito all’Ente che ha avviato tutta l’operazione, mettendo in moto un meccanismo virtuoso. Sono diversi gli ambiti d’intervento per i quali i Comuni possono dar luogo a delle ‘segnalazioni qualificate”: si va dal commercio alle professioni, fino alle proprietà edilizie e al patrimonio immobiliare, passando attraverso le residenze fittizie all’estero e alla disponibilità di beni che indicano una certa capacità contributiva.

L’ANALISI – Per il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo i conti non tornano. “Con delle realtà come il Molise, la Campania e la Calabria dove, secondo l’Istat, il numero degli edifici costruiti illegalmente nel triennio 2012-2014 è stimato in proporzioni variabili fra il 45 e il 60 per cento di quelli autorizzati – sottolinea – si fa fatica a capire come mai solo 27 sindaci, su un totale di 1.095 amministrazioni comunali presenti in queste tre regioni, abbiano segnalato al fisco situazioni di illegalità”.

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