IB (International Baccalaureate), IGCSE (International General Certificate of Secondary Education), Baccalauréat (maturità francese), sistema italiano, svizzero o tedesco? Chateaubriand (che non è la carne) o International School? Meglio il sistema bilingue della scuola San Carlo di Milano o l’American School? E per chi se lo può permettere collegi in Svizzera o in Inghilterra? Il vero anno comincia a settembre e la generosa offerta scolastica e accademica può anche disorientare genitori e studenti (oltre che a svuotare i portafogli). I paradigmi della formazione cambiano, migranti che premono alle frontiere dei paesi ricchi, la globalizzazione selvaggia e collegi nella Svizzera, cuore d’Europa, che si chiudono sempre di più dentro il loro fortino di una cultura anacronistica. Già nella Grecia fra oikos (privato) ed ecclesia (pubblico) si collocava l’agorà, ossia la comunicazione che garantiva un traffico fluido e costante tra le due sfere, fa osservare Zygmunt Bauman nel suo saggio “La solitudine del cittadino globale”. Detto in parole “sciuè, sciuè“, se ti chiudi a riccio che possibilità hai di sopravvivenza?

“Fine del segreto bancario”, è il titolo della tesi di laurea di Jonathan Velo, studente d’Economia alla Bocconi. Che fa notare: “Ha sicuramente portato più trasparenza e ha dato un colpo mortale al riciclaggio del denaro sporco”. Ma ha dato anche un colpo trasversale a quelle roccaforti di collegi da gioventù dorata, microcosmi chiusi che fanno ormai parte di un mondo sempre più fuori dal mondo. Qui non si parla ancora di scambi interculturali fra studenti, adottati dalle scuole, pubbliche e private, italiane e di mezza Europa.

Il teorema della “scolarizzazione” cantonale è semplice: si iscrivono i figli ai vari BeauSoleil, Eaglon, Le Rosey. E intanto si apre un conticino in banca. Dopo 10 anni (ma al di sotto dei 18, bastano 5 anni) il rampollo ha diritto alla residenza in Svizzera e davanti gli si apre un bel ventaglio di possibilità aumm aumm. Ne prendo uno a caso, Le Rosey dove alcuni amici hanno mandato i loro figli a studiare non sempre con risultati sperati. Le Rosey si vanta di essere la scuola più cara del mondo, 108mila franchi svizzeri, extra esclusi naturalmente, che fanno all’incirca 110mila euro all’anno. Cinque anni di collegio d’investimento è pari a quello di un mezzo attico a Milano. Ma vuoi mettere con il vanto da nouveau riche: “Ho il figlio al Rosey. Adesso sì che finalmente mi sono introdotto!”.

Le Rosey come promette il suo slogan sarebbe “A school for fife, oh, yes” (Una scuola per la vita). Ma che razza di vita sarà mai questa dove ai ragazzi si inculca, un senso di élite, ma non di intelletto, di pensiero, di talento. Le roseans fanno parte, certo, di una nicchia ma solo perché i genitori hanno sborsato una montagna di soldi per mandarli a studiare lì.
Dando una rapida occhiata al regolamento (che si può scaricare su Internet) le prime pagine spiegano in ogni minimo e minuzioso dettaglio, le modalità di pagamento. Il resto: regole comportamentali, abbigliamento, uscite e rientri sono molto, molto secondari. Sembrerebbe più un manuale da boy scout che il vademecum d’accesso per quella che dicono essere tra le scuole più prestigiose al mondo.

Alla voce campagna informativa antidroga non è spiegato nulla: il “problemuccio” viene arginato con un laconico “Chi risulta positivo al test antidroga, viene espulso all’istante”. Su come prevenirlo non sono previste tavole rotonde, forum tra studenti e psicologi. Non ne conosco molte di scuole dove oltre alla paghetta che danno mamma e papà viene data settimanalmente anche un piccolo salario che, a secondo dell’età, varia dai 60 ai 90 franchi. Non bisogna essere un’aquila per capire che più soldi circolano e più aumentano (e si soddisfano) tutte le tentazioni: griffe a gogò, alcool e droghe. E il figlio di una famosissimo regista, premio Oscar, fu espulso da Le Rosey proprio perché positivo al test antidroga. College come Le Rosey, l’Eton e Sevenoaks e la Yale University fanno rete (oh, yes), ossia fra gli ex studenti si crea un legame inossidabile che dura negli anni. Adesso però ci pensa Internet. Che non costa nulla.
@januariapiromal

Articolo Precedente

Trash-chic, l’estate che non c’è stata: dal pube depilato a un Briatore sottotono. Meno male che c’è Lang Lang

next
Articolo Successivo

Trash-chic, serata tragicomica al San Carlo: in scena il ‘grande gelo’ fra Renzi e de Magistris

next