Il male oscuro. Per quanto possa suona azzeccato, il fatto di chiamare la depressione il male oscuro ha sempre generato confusione. Come del resto spesso capita quando si parla di malattie legate alla mente. Perché un fatto è certo, la depressione è una malattia. Una malattia vera, e come tale va trattata, anche se nel raccontarla ci si concedeno troppo spesso licenze poetiche.

Il male oscuro. Per secoli si è pensato che la depressione, il male oscuro, appunto, fosse legato a stati d’animo, a delusioni, a dolori, a lutti. Per questo si è sempre pensato che certe persone ne fossero immuni, perché dotati di un carattere forte, di uno spirito coriaceo. Tutto sbagliato, come ben sa chi ci è passato, direttamente o indirettamente.

La notizia però che a soffrire di depressione sia stato, a più riprese, nientemeno che il Boss, Bruce Springsteen, stupisce, e neanche poco. Lui, il rocker per antonomasia, quello che, a sessantasei anni (ne farà sessantasette il 23 settembre) è in grado di salire sul palco in canottiera e jeans, la chitarra a tracolla e intrattenere interi stadi per qualcosa come quattro ore, ha sofferto del male oscuro.

Sì. È stato lui stesso a dichiararlo, o meglio, a tornarci sopra, proprio in queste ore. Lo ha fatto nel corso di un’intervista concessa alla versione americana di Vanity Fair, la stessa intervista durante la quale ha sostanzialmente annunciato di avere già pronto il suo nuovo album di inediti, un album senza E Street Band, la cui uscita sarà sicuramente successiva alla raccolta Chapter and verse, prevista proprio il giorno del suo compleanno, in concomitanza con la sua autobiografia, Born to run. Il Boss, anticipando proprio il libro in questione, ha dichiarato di essere stato immobilizzato dalla depressione tra i sessanta e i sessantadue anni, poi ne è uscito per un anno, e il male è tornato tra i sessantatré e i sessantaquattro. Stroncato è il verbo usato a riguardo da Springsteen, e ben rende l’idea di come la depressione sia una sorta di morte apparente, di vero e proprio blackout da cui si può uscire solo con l’aiuto della medicina.

Bruce Springsteen, quindi, colui che proprio ieri ha superato il record americano per la durata di un concerto, con quattro ore e quattro minuti al Citizens Bank Park di Philadelphia, superando di tre minuti il record di quattro ore e un minuto sempre da lui detenuto per il concerto del 30 agosto a East Rutheford, è stato depresso. Anzi, come tutti coloro che incappano nel male oscuro, è ancora depresso e la sua battaglia contro questa malattia prosegue giorno dopo giorno. Come ha raccontato, è stata la sua compagna di vita e di palco, Patti Scialfa, a portarlo da un medico dicendo: “Questo uomo ha bisogno di una pillola”, unica soluzione possibile a riguardo. Springsteen, uomo tra gli uomini, mitico e al tempo stesso fragile, e forse anche per questa sua capacità di essere esattamente come tutti noi, ancora più leggendario e destinato a riuscire a toccare sempre le corde giuste, come solo chi sa cosa sia il dolore può fare.

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