Unioni civili senza fascia tricolore, senza scambio di fedi e solo in una sala del municipio chiusa al pubblico. Sono queste le linee guida che il comune di Finale Emilia, in provincia di Modena, si è dato dopo l’approvazione della legge Cirinnà, che ha introdotto in Italia un primo riconoscimento delle coppie omosessuali. Dunque niente cerimonie, applausi da parte degli amici, riso e bouquet? Il sindaco di centrodestra Sandro Palazzi si difende, parla di “mere indicazioni di massima” e denuncia “un incredibile attacco premeditato nei confronti del sottoscritto e della nuova amministrazione voluta dagli elettori, che a stragrande maggioranza hanno voluto un cambio epocale nel Comune di Finale Emilia”. Tuttavia stando almeno a quanto riportato da un documento redatto dagli uffici comunali del servizio demografico, per le unioni civili “non è prevista una forma di celebrazione, ma solo una dichiarazione”. Inoltre la dichiarazione “non si riceve in una sala aperta al pubblico” e l’ufficiale di stato civile “non indossa la fascia tricolore”. Infine “non è previsto lo scambio delle fedi”. Subito ne è nato un caso e la deputata Pd Giuditta Pini ha depositato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’interno Angelino Alfano.

Anche perché a Finale, da giugno e per la prima volta dal dopoguerra, c’è una maggioranza di centrodestra a trazione leghista (anche se il sindaco Palazzi non è della Lega nord). E proprio altri sindaci del Carroccio negli ultimi mesi avevano manifestato la loro contrarietà alla nuova norma sulle unioni gay: da ultimo il sindaco di Gallarate, al Fatto.it aveva spiegato che era un suo “diritto non celebrare le unioni civili”. Senza contare che lo stesso Matteo Salvini fin da maggio scorso, quando la Cirinnà è entrata in vigore, aveva invitato gli amministratori con la tessera del suo partito di disobbedire alla legge. Ma anche a Piacenza, guidata dal Pd, il sindaco ha negato Palazzo Farnese e ha disposto che le unioni civili si celebrino all’anagrafe.

Così sul “caso Finale” a scendere in campo oltre alla deputata Pini (“Le unioni civili sono legge dello Stato. La lega Nord se ne faccia una ragione”) è stato anche il senatore Pd Sergio Lo Giudice: “Che peccato che un comune dalle solide tradizioni democratiche come Finale Emilia sia caduto in mano a un manipolo di estremisti di destra”, ha scritto su Facebook. Infine anche l’assessore regionale Emma Petitti aveva commentato giudicato “inaccettabili e umilianti le restrizioni attuate dal sindaco di Finale Emilia nel tentativo di nascondere le unioni civili”.

Il primo cittadino Sandro Palazzi, eletto da appena pochi mesi, ha rimandato indietro le accuse e parla di “strumentalizzazioni“: “È una bufala enorme, costruita sul nulla: io la legge ho intenzione di farla rispettare”, ha spiegato in un breve virgolettato riportato sulla Gazzetta di Modena. “Quelle sul sito sono indicazioni, non prescrizioni”, ha spiegato il sindaco che ha minacciato azioni legali contro quelli che ha ritenuto insulti contro di lui. Poi con una nota stampa ufficiale Palazzi allontana qualunque lettura politica della vicenda. Spiega che le frasi fanno parte di “un’informativa tecnica ai cittadini lunga sette pagine, pubblicata in piena autonomia e senza alcuna valenza politico-ideologica dall’Ufficio servizi demografici del Comune”.

Insomma, a quanto pare di capire, il primo cittadino non ne sapeva niente e il documento “è un sunto, necessariamente sintetico, di quanto appreso dal personale del Comune in occasione di un corso di formazione svoltosi nel mese di maggio e da altre attività di approfondimento tecnico sul tema specifico”. Poi la nota termina spiegando che si tratta “di mere indicazioni di massima delineate, a motivo della mancanza di specifici indirizzi di comportamento, sia nella legge 76/2016, sia nel decreto attuativo di fine luglio, che nulla dice sulle modalità di celebrazione della unione civile”. Il Fatto.it ha cercato di contattare il primo cittadino che però non ha risposto al telefono.

La circolare è stata portata a galla da Stefano Lugli, consigliere comunale di Rifondazione comunista, che in una interrogazione alla giunta comunale ha chiesto al sindaco Palazzi se a questo punto l’amministrazione comunale intenda rimuovere quelle linee guida e “se sarà il Sindaco, come nei matrimoni civili, a celebrare le unioni civili”.

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