Société Générale muove su Trieste e diventa il secondo socio delle Assicurazioni Generali dopo Mediobanca. L’istituto di credito francese risulta infatti proprietario del 4,17% della compagnia triestina, società da un ventennio nel mirino dei cugini d’Oltralpe. Tecnicamente la nuova posizione di Société Générale che, secondo quanto comunicato da oltralpe “è il risultato di operazioni realizzate per conto dei propri clienti nell’ambito delle attività di mercato della banca”, non incide sugli attuali equilibri della compagnia guidata dal francese Philippe Donnet: il leone può contare infatti su un zoccolo duro di soci italiani composto da Mediobanca (13,4%) e dal costruttore-editore Francesco Gaetano Caltagirone che punta a salire dal 3,5 al 5 per cento.

Tuttavia a Parigi c’è chi legge la mossa di SocGen come un assist per il finanziere bretone Vincent Bolloré, primo socio privato di Mediobanca, nonché sponsor dello stesso Donnet. SocGen del resto conosce bene il raider francese a cui ha dato sostegno in occasione della scalata al gruppo media Vivendi. La banca è inoltre vicina alla compagnia assicurativa Axa, da tempo considerata come la promessa sposa delle Generali. Per non parlare del fatto che Société Générale vanta anche altre conoscenze importanti in Italia: nel 2006 fra i suoi manager di spicco annoverava Jean Pierre Mustier, attuale numero uno di Unicredit, a sua volta primo azionista di Mediobanca.

SocGen insomma potrebbe essere un ulteriore tassello per la costruzione dei futuri equilibri del sistema finanziario italiano. E’ innegabile infatti che negli ultimi tempi, dalla nomina di Donnet fino a quella più recente di Mustier, sia cresciuto in maniera significativa lo stretto giro di amici d’Oltralpe che ruotano attorno a Mediobanca e alle Generali, due punti di riferimento del capitalismo italiano. La questione naturalmente non è sfuggita a Palazzo Chigi, che non vuole certo farsi sfilare le Generali, custodi tra il resto di 70 miliardi di titoli di Stato italiani su un totale di 500 miliardi di asset complessivi.

Dal canto suo anche Bolloré è molto interessato alla partita triestina che potrebbe in qualche modo anche diventare uno strumento di negoziazione con il governo su altri tavoli della campagna francese d’Italia. Oltre ad aver investito in Mediobanca, il finanziere bretone è infatti socio di riferimento di Telecom Italia che nei prossimi mesi ingaggerà una battaglia con la governativa Enel per accaparrarsi i fondi pubblici destinati alla posa della fibra. Telecom teme che le regole possano favorire il gigante dell’elettricità come testimonia un ricorso al Tar contro l’Agcom, Mise e Infratel su alcuni aspetti relativi alla regolamentazione dei prezzi di affitto della futura rete in fibra. Non solo: la Vivendi di Bolloré è nel pieno di uno scontro con Mediaset dopo un inatteso dietrofront nel progetto di scambio azionario fra le due società con tanto di passaggio ai francesi della pay tv Premium.

Per il raider bretone si tratta di due partite spinose che rischiano di pesare sul futuro del suo centenario gruppo di famiglia. Per questo i bene informati riferiscono che Bolloré è alla ricerca di una veloce via d’uscita per Telecom e per Vivendi. E non è escluso che la strada passi per Trieste. Ma per l’imprenditore francese è necessario muoversi rapidamente. Anche perché sul mercato italiano della telefonia si affaccia anche il temuto rivale francese Xavier Niel che, con la creazione del quarto operatore del Paese, rischia di dare filo da torcere a Telecom Italia. E di far patire sempre più gli investimenti italiani di Bolloré.

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