Il recente terremoto nell’Italia centrale ha riattivato la discussione sulla copertura assicurativa dei rischi naturali: terremoti e alluvioni, trombe d’aria e siccità, in particolare. Sono del tutto inesperto di economia e finanza ma, per scrivere il mio ultimo libro, ho dovuto approfondire anche questa misura: la soluzione “finanziaria”, con cui l’impatto economico di questi eventi viene mitigato tramite la condivisione del rischio. Nasce così un sistema complesso di assicurazione e riassicurazione. E, per retrocedere gli eventi a bassa frequenza ma alta gravità che possono appesantire – anche in modo letale – i loro bilanci, le società di riassicurazione emettono titoli negoziabili, i “Catastrophe Bond“, una sorta di obbligazioni associate a specifici rischi naturali.

I Cat Bond nacquero nel 1992, dopo il passaggio nel sud della Florida dell’uragano Andrew, che lasciò circa 25 miliardi di dollari di danni alla quotazione odierna: Andrew vantava allora il titolo di uragano più costoso della storia. Nel 1993, un top manager tedesco, ebbe un lampo di genio mentre viaggiava sulla metropolitana di Londra. Si chiese se parte del rischio finanziario di uragani e terremoti potesse essere passato agli investitori del mercato obbligazionario. Assieme a un collega di Hannover Re, stavano studiando strategie per costruire la base di capitale del riassicuratore in modo che la società tedesca potesse trarre vantaggio dai tassi in crescita.

Alcuni dei loro superiori temevano la concorrenza di Wall Street su questo redditizio business ma si chiedevano: “Stiamo forse aprendo il vaso di Pandora?”. Il manager rispose: “Se non lo facciamo noi, qualcun altro ci penserà”. Con l’aiuto di una banca statunitense, Hannover Re propose così un titolo denominato Kover, combinazione della parola tedesca katastrophe e dell’inglese coverage. Non fu un successo e le vendite di Cat Bond zoppicarono fino alla crisi finanziaria del 2008. Per poi volare in alto.

Storicamente i riassicuratori miravano a rendimenti annui del 16%, mentre di questi tempi i fondi pensione che si stanno buttando sui Cat Bond, sono soddisfatti di raggiungere il 6%. Negli ultimi dieci anni i rendimenti dei Cat Bond hanno comunque superato quello dei “titoli spazzatura” di mezzo punto percentuale e quello dei titoli di alta qualità di tre punti. Non sono un cattivo affare, almeno in apparenza. Nel complesso sono in circolazione 72 miliardi di dollari di Cat Bond e simili. Il totale è pari al 12% dei 570 miliardi di dollari di capitale presente nel settore della riassicurazione.

Se le attuali tendenze verranno confermate in futuro, la prevenzione dalle catastrofi naturali potrebbe diventare una questione principalmente finanziaria, con evidenti pro e contro. Tra le valenze positive, la leva finanziaria rappresenta forse l’unico elemento di condivisione in un mondo sempre più egoista e frammentato a tutte le scale spaziali. Per contro, se il “mercato delle catastrofi” assomiglierà sempre più ad altri mercati, come l’energetico e l’alimentare, non si cercherà di minimizzare l’impatto delle catastrofi sulla gente e le sue cose, ma il profitto finanziario. In alternativa, ci sono sempre le tasse di scopo, addizionali e accise, che in Italia hanno una tradizione secolare e meritano senz’altro un post a parte.

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