“Mi sveglio e le ferie sono finite” episodio tratto da una storia vera, se ne consiglia la lettura a un pubblico adulto, a causa dei forti pensieri disturbanti che la cosa potrebbe provocare. Ci sono tutti gli ingredienti per un film horror campione d’incassi, potrebbe sdoganare il genere al grande pubblico. Prendiamo però la cosa un po’ più seriamente, solo un po’.

Eh sì, una volta l’anno capita di andare in vacanza con la deplorevole inevitabile conseguenza di dover poi fare ritorno. Ora come ora, se non vi è già successo, vi sta per succedere, difficile dubitarne purtroppo, a meno che non siate estremamente fortunati e facciate una vita che ha ben poco dei ritmi e delle frenetiche incombenze con cui la maggior parte di noi, progrediti e moderni esseri umani, deve confrontarsi. Il prezzo della modernità, la connessione con il mondo, si paga attraverso una certa dose di scollamento da sé stessi. I pochi che vi scampano, qualcuno ancora c’è, potrebbero saltare questa lettura, ma forse fa bene anche a loro ricordare, ogni tanto, da cosa si sono sapientemente allontanati. Per onestà intellettuale da questa “nevrosi collettiva” non mi sento esente neanche io, predico bene, ma razzolo così e così, ingaggio una battaglia con me stesso per limitare i danni. Sono figlio del mio tempo.

Se ci trovassimo in un’aula di tribunale, sul banco degli imputati, sotto accusa, ci sarebbe il lavoro o meglio questo modo di lavorare a cui siamo talmente abituati da pensare non solo che non ci siano alternative, ma che sia bizzarro anche solo pensarle. Però, se davvero si arriva stremati alla fine dell’anno, converrete che qualcosa non va, siamo fatti per vivere, non per lavorare. Il lavoro dovrebbe servire per vivere, non bisognerebbe vivere per lavorare. C’è un video del regista e scrittore Silvano Agosti “il discorso tipico dello schiavo” che esprime benissimo quanto vado scrivendo, spendeteci cinque minuti scarsi a visionarlo, merita.

Tra un anno le ferie torneranno, tocca aspettarle, il palliativo maggiormente in voga è cominciare a viverle e a godersele attraverso la loro programmazione e il loro desiderio, il tempo per le ferie è limitato, ma quello per immaginarle e agognarle no. Non provate a mettere in mezzo il resto delle vacanze che ci concediamo, inutile, sono per lo più pallide prese di respiro che più che staccarci dal tran tran quotidiano ce ne immergono ancora più profondamente, in quanto, appena iniziate, sono praticamente già concluse, con in mezzo tutta la gioia e l’angoscia di quel che inizia con lo scopo dichiarato di finire, grossa presa in giro o forse solo estrema sincerità, fate voi. Non mi dite che il Natale è rilassante con tutta la marea di regali e buoni propositi che tocca distribuire in giro, tutte quelle guance da baciare a comando e quei sorrisi da sfoderare, quelle strette di mano vigorose, attività fisiche per la cui frequenza, nel giro di pochi giorni, riusciamo fortunatamente a contrastare la mole di cibo ingerita, anche se la prova costume non è ancora richiesta, il nostro peso forma ringrazia segretamente e senza darlo troppo a vedere. Pasqua è poi solo un weekend lungo un po’ più lungo.

L’estate è l’estate, i giorni lontani dal lavoro, in questa stagione, diventano un vero e proprio stato mentale ed emotivo da sfoderare, tra amici e conoscenti, parte la gara di chi ce l’ha più lungo, ovviamente il periodo di ferie, e meglio equipaggiato di intenti e concreti compimenti.

L’ambita forma di ricompensa per undici mesi passati nell’attesa è il riconoscimento del riposo preceduto e seguito dal suo sbandieramento.

Agosto e settembre si guardano in cagnesco, così vicini temporalmente, eppure così lontani negli intenti, il primo pretende sole, mare, montagne, paesi esotici, giochi erotici e via di vacanza infierendo, il secondo se ne deve tenere distante, avendone addosso ancora tutto il ricordo, ma non avendone più il tempo e la possibilità.

Settembre è il mese in cui ci si riprende dall’essere andati in ferie, è il fratello giudizioso e rompiscatole di agosto. Agosto è il mese in cui tutto cambia perché tutto rimanga uguale a settembre, in realtà credo sia direttamente alle sue dipendenze, parenti serpenti.

Fortuna che io adoro il mese di ottobre, nel quale cominciano a ingiallire e cadere le foglie dagli alberi, proprio come capelli in testa, probabilmente in seguito allo spavento dovuto alla consapevolezza di uno scampato pericolo, essendo temporalmente così vicino a quei due.

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Vignetta di Pietro Vanessi

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