“Vengo da 20 ore passate a scavare”. Domenico Leonardi ha appena finito di cenare. Si ferma a parlare con i suoi compaesani tra i tavoli all’aperto della grande tendopoli ai bordi della via Salaria, rasa al suolo dal terremoto di mercoledì mattina nel Centro Italia. Pescara sul Tronto, o ciò che ne è rimasto, è lassù, a monte. La prima notte dopo il sisma è alle porte e i volontari dela Protezione civile hanno già messo in piedi decine di tende. Ma tornare a dormire, dopo quello che si è visto, non è facile. “A Pescara abbiamo trovato una quarantina di morti, ci saranno due o tre case in piedi e non so neppure se siano agibili. Una bomba non avrebbe fatto lo stesso danno e ora non so se sarà possibile ricostruirlo questo paese”. Una signora non se la sente di tornare a casa: “Troppa paura, lo sciame si sente ancora. Ho scelto la tenda perché voglio riposare dopo una notte in bianco”. Nel grande campo gli sfollati non sono tantissimi. S direbbe anzi che ci sono più volontari. Facile intuire perché: i sopravvissuti sono in buona parte turisti venuti qui per le vacanze d’agosto che subito dopo le scosse sono tornati nelle loro città
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