Dai paesi dell’Est all’Italia, fino al Nord Europa. Dentro furgoni merci presi a noleggio, stipati come bestie. L’inferno che corre lungo la “rotta balcanica“. Un viaggio che può costare fino a mille euro a persona, organizzato grazie a una intricata ragnatela di società fasulle. Un giro d’affari da oltre 500mila euro l’anno. I soldi: l’unica cosa che conta. Poco importa sapere da cosa scappano i disperati che macinano migliaia di chilometri per dare una svolta a un’esistenza divorata dalla guerra o dalla miseria. “Puoi dire loro che prima devo vedere i soldi…”. “Loro”. Al telefono ne parlano come se si trattasse di una merce qualsiasi, non di persone: “Posso pagare di più… non è un problema, però devi portarmeli a Milano”. Sono stati i carabinieri del Ros a mettere fine a tutto questo dando scacco a un’organizzazione di presunti trafficanti di esseri umani composta da quattro cittadini pakistani, che adesso sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con l’aggravante della transnazionalità.

L’indagine, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e denominata “Fake Link“, è nata da un’attività di monitoraggio del Ros di Udine – guidato dal maggiore Paolo Guida – sui flussi migratori che passano attraverso i Balcani. Nel mirino sono finiti i quattro che gestivano la regia criminale dei traffici direttamente da Milano, tra viale Monza e via Padova, nel quartiere più multietnico della città. E’ qui, che grazie al lavoro del Ros del capoluogo lombardo comandato dal colonnello Paolo Storoni, si è scoperto che gli indagati avevano dato vita a società di copertura, intestate a soggetti inesistenti e aperte grazie a documenti falsi. In questo modo il gruppo riusciva ad organizzare e a gestire il trasporto e l’ingresso clandestino di pakistani, bengalesi e afghani provenienti dall’Ungheria e diretti in Italia e in altri Paesi del Nord Europa, soprattutto in Germania.

I destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip del Tribunale di Trieste Giorgio Nicoli sono Ali Raza Ahmed, 34 anni, nato a Londra e detenuto nel carcere Montorio di Verona, Muhammad Ashan, 27 anni, nato a Gujrat (Pakistan) e residente a Bolzano ma domiciliato a Milano. In carcere rispettivamente a Budapest e a Maribor, in Slovenia, sono finiti anche il pakistano Mirza Raies Baig, 27 anni, e il connazionale Khurram Imatiz, di 24 anni, residente a Bologna. Per entrambi era stato emesso un mandato di arresto europeo. In Italia, su richiesta delle autorità ungheresi e slovene, sono state effettuate numerose perquisizioni per individuare l’intera rete di supporto logistico della banda. Un altro pakistano, Azim Shahzdad, residente a Chioggia, risulta indagato ma non è destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare.

Il lavoro investigativo degli uomini del Raggruppamento operativo speciale ha documentato il trasporto in Italia di più di un centinaio di migranti clandestini stipati su furgoni. Quasi 40 su ogni mezzo. Durante il viaggio i veicoli erano preceduti da auto staffetta che avevano il compito di segnalare la presenza di controlli di polizia. I clandestini venivano poi abbandonati nelle zone di confine tra Italia e Slovenia. Tra le campagne. Dove proseguivano il loro viaggio della disperazione a piedi.

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