Il sindacato degli ambulanti egiziani al centro della ricerca di Giulio Regeni è guidato “da un informatore dei servizi” egiziani. Mohamed Abdallah “ha visitato di frequente uno dei quartier generali” della sicurezza interna e forse non era un vero e proprio collaboratore ma una persona “che ha un mutuo beneficio ad avere un rapporto con gli apparati”. A parlare sono due fonti della sicurezza interna egiziana alla Reuters, che pubblica un servizio sul suo sito.

Dubbi e sospetti sul ruolo di Abdallah erano emersi già a marzo, quando un’amica del ricercatore Hoda Kamel, dell’Egyptian Center for Economic and social rights, in una intervista aveva parlato di una “vendetta” dell’uomo nei confronti di Regeni e affermato che il sindacato è “infiltrato dai servizi”. I tabulati di Abdallah sono stati richiesti e consegnati lo scorso maggio alla magistratura italiana che indaga sull’omicidio.
Secondo diverse fonti, l’uomo avrebbe avuto un alterco con il giovane ricercatore per avergli chiesto di acquistare a suo nome un cellulare e dei biglietti aerei. Un esponente del sindacato, sospetta che Abdallah, dopo il rifiuto di Regeni, abbia riferito la vicenda alla polizia.
I due avevano appena parlato dell’organizzazione di un workshop, che il ricercatore italiano – rapito e torturato prima di essere ucciso – voleva organizzare per il sindacato. “Ci siamo incontrati in tutto sei volte”, spiega oggi Abdallah che si dice “pentito” di aver stretto rapporti con Regeni.

Secondo le fonti citate da Reuters, l’uomo “ha visitato di frequente uno dei quartier generali della sicurezza egiziana e sei mesi prima della morte dell’italiano ha anche incontrato un ufficiale”. “Non so se fosse proprio un collaboratore, ma era monitorato. Uno del genere ha un mutuo beneficio ad avere un rapporto con la sicurezza”, dice una delle fonti.

Intanto, si cerca di far luce anche sui rapporti del ricercatore italiano con l’università di Cambridge il cui comportamento nei confronti dell’indagine è stato duramente criticato dalla famiglia Regeni. Sempre secondo Reuters, diversi ricercatori dell’Ateneo non hanno mai nascosto la propria dura opposizione al governo di Abdel Fattah Sisi, sfociata in una manifestazione a Londra poche settimane dopo la partenza di Regeni per il Cairo. Una dimostrazione “sicuramente finita sotto la lente della sicurezza egiziana”.

I legami tra Regeni e i ricercatori di Cambridge potrebbero emergere con maggior chiarezza nei prossimi giorni: sul caso del ricercatore italiano “il governo britannico sostiene la posizione italiana e incoraggia sia l’Egitto che l’università di Cambridge a collaborare”, ha detto la neoambasciatrice britannica a Roma, Jill Morris, al Corriere della Sera. “Posso dire che questa settimana il viceministro degli Esteri competente in materia parlerà alle autorità universitarie di Cambridge per chiarire la nostra posizione”. Ovvero inviterà gli accademici a dire tutto quello che sanno.

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