Se stessimo noi al posto di quanti scelgono di vivere con quello che rimane di una vita gettata alla rinfusa in un sacco d’immondizia che si trascinano dietro stancamente? L’eclettico urban artist, Eugenio Tibaldi, si è immedesimato in loro, negli sconfitti dalla vita, in quello che in una fredda mattina fu trovato morto da una guardia giurata sotto le volte maestose della Galleria Umberto I, a Napoli. Un senza nome, un senza diritto. Da qui è partita la sua ricerca.

Ha raccolto materiale che di fatto sono i cartoni che i barboni usano come misero giaciglio buttato per terra. Li ha incollati, li ha sagomati a forma di Faraglioni capresi, li ha pittati e li ha esposti nel quattrocentesco chiostro del Priore della Certosa di Capri. L’installazione, a cura di Adriana Rispoli, si chiama Capri B&B (che non è la sigla di un bed and breakfast), ma è l’acronimo di Behind and Beyond.

Il decoupage di Tibaldi (che, tra l’altro, sembra la copia di Carlo Cracco, sicuramente più simpatico dello chef), è di forte impatto visivo ed emotivo. Sopratutto mentre sull’isola si consumava una “zuppa” di nozze esagerata. Una maionese di ospiti, i più vip dei vip, accolti in una piazzetta addobbata a festa con insegne luminose, a mo’ di gran pavese di una nave. Le iniziali degli sposi erano ovunque, poco mancava che le imprimessero anche sul Faraglione. Due tenori affacciati dal balcone del Piccolo Bar della piazzetta intonavano “O sole mio”. Lei si chiama Giovanna Battaglia, dicono che sia una fashion icon, originaria pugliese trapiantata a New York (giuro mai sentito prima il suo nome), non bellissima, ma molto stilosa. Lo sposo, dicono sia uno tosto dell’immobiliare in Svezia, Oscar Engelbert, di quelli che hanno fatto tanti soldi, in poco tempo e in maniera spregiudicata. Dicono di entrambi che li accomuna una certa dose da parvenu del nuovo arrivato e che il ‘matrimonione’ sia stato la loro consacrazione su scala sociale.

Il contrasto era ancora più stridente: i cenci dei senzatetto da un lato, dall’altro gli abiti sfarzosi di Battgiò, questo il nome di battaglia della sposa su Instagram che a ritmi compulsivi lo inondava di foto dell’ipermediatico marriage. Immagino lo sgomitare degli stilisti per vestire Wonder Giò. Per il benvenuto indossava un abito bianco con maxi godet di frange e piume firmato Azedine Alaia. Per il matrimonio uno strascico di tulle lungo cinque metri, o forse sette, schizzava da un bustier di perline cucitole addosso dal team di Alexander MacQueen, in mano ombrellino di pizzo bianco al posto del bouquet. Party blindati prima al Faro e poi su una mega zattera costruita in mezzo al mare all’ombra dei Faraglioni, bodyguard ovunque e, come misura anti imbucamento, un codice segreto per ogni invitato.

I bauli lucidati e griffati di lady Giò in contrasto con i trolly impersonali, ordinari, multicolor sarcasticamente derisi da Raffaella Mariniello in “Lost and found”, mostra fotografica ” specific site” in parallelo a Capri B&B. Feticci di un consumismo di massa per denunciarne i limiti travolgenti. La media degli arrivi è 5mila al giorno, con picchi di 14mila in altissima stagione (dati raccolti dall’Azienda di Soggiorno e Turismo).

Gli still life di Raffaella, fotoreporter attenta alle tematiche sociali, ci raccontano una Capri in letargo quando d’inverno si tirano a secco le reti, si impacchettano ombrelloni e sdraio. Una Capri dietro le quinte, per nulla autoreferenziale o autocelebrativa, quella che Tonino Cacace, il “filosofo” dell’hotellerie de luxe, e patron del Capri Palace, preferisce al chiasso dell’alta stagione. Tra i primi importatori del format “Specific site”, che consiste nell’invitare gli artisti in una Capri “fuori stagione”, proprio quando l’isola diventa più intima, più esplorabile. Accessibile ai pochi eletti. E ad agosto Tonino se ne scappa nelle isolette più inaccessibili della Grecia.
@januariapiromal

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