Una diaspora di terroristi dell’Isis verso l’Europa e l’America è attesa nel prossimo futuro e sarà “come non l’abbiamo mai vista”. Parole di James Comey, capo dell’Fbi, a proposito dei “returnees”, le persone partite verso la Siria e l’Iraq da oltre centro altre nazioni. Un esercito di ritorno, dovuto ai continui successi contro le truppe del sedicente Califfo al Baghdadi, stimato tra le 18mila e le 22 mila unità. Tra questi, secondo i dati dell’intelligence, 110 combattenti sono legati in qualche modo all’Italia, e sono pronti a tornare.

Ha spiegato Comey che questi soggetti faranno “aumentare sempre di più” la possibilità di attacchi come quelli di Parigi o Bruxelles. Le forze di polizia statunitensi – ricorda – hanno arrestato dai primi del 2014 circa 100 americani sospettati di sostenere l’Isis. Una diaspora di terroristi c’è già stata, ha proseguito il direttore dell’Fbi, a cavallo degli anni ’80-’90, in coincidenza con le guerre che hanno coinvolto l’Afghanistan. “Ma stavolta – ha ammonito – il fenomeno sarà dieci volte più grande e fermarli è persino più difficile di trovare un ago nel pagliaio”.

Secondo diverse stime, tra cui quelle fornite a giugno dal capo della Cia, John Brennan, sarebbero circa 30mila le persone partite alla volta dei territori occupati dal gruppo Stato islamico dall’inizio del conflitto. Il 60% proviene dal Medio Oriente (con Arabia Saudita e Giordania in testa) e dal Nord Africa (principalmente da Tunisia e Marocco), mentre circa 5mila sarebbero quelli partiti dall’Europa. Alcuni sono morti in battaglia ma molti altri sono già tornati nei propri paesi d’origine o, man mano che l’Isis arretra, tenteranno di farlo a breve.

Solo due giorni fa l’Europol ha informato che dei cinquemila partiti dall’Unione Europea, tra i 1.500 e i 1.800 sarebbero già rientrati. “Molti di loro non hanno voglia né capacità di compiere attentati – dicono i funzionari europei – ma restano centinaia di potenziali terroristi che costituiscono un pericolo per la sicurezza dell’Europa”. E quindi per l’Italia. Secondo le ultime informazioni raccolte dei servizi segreti, sono circa 110 gli arruolati dall’Isis che hanno avuto a che fare in qualche modo con la Penisola e, di questi, meno di 20 sono cittadini italiani. Nessuno di loro tuttavia sarebbe già rientrato.

E’ ovviamente altissima l’allerta per intelligence e antiterrorismo che effettuano un monitoraggio costante sui soggetti radicalizzati partiti per i fronti di guerra e sui loro contatti rimasti in Italia. Un’emergenza che si unisce al rischio dei “lupi solitari” ma ancora più imprevedibile. L’Aisi – ha spiegato venerdì 29 al Copasir il direttore Mario Parente – ha “ritarato” il suo dispositivo informativo, potenziando in maniera capillare la rete di “sensori humint”, cioè di informatori sul terreno. Il presidente del Copasir Giacomo Stucchi ha spiegato che gli “internal fighters”potrebbero non solo generare episodi di emulazione, ma far partire una vera e propria competizione tra chi realizza l’attentato con più vittime.

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