La moda, gli amori, la mondanità. La modella e stilista Marta Marzotto è morta ad 86 anni. Amava definirsi “una faccia da squaw”. Frammento di umanità variopinto, sovraesposto, giocoso, del dopoguerra italiano, quello della rinascita e del boom, dei ribaltamenti della scala sociale, della mondina che incontra l’aristocratico e ne diventa sposa. La donna che ama, che insegue il jet-set e ne viene inseguita, che abbandona l’aristocrazia e rivive a fianco di artisti e politici. Di Marta Marzotto rimangono spesso in mente foto e filmati, apparizioni tv e scatti solitamente inglobati nel tritatutto cafonal di Dagospia, dove sorride sempre, forse anche per quella battuta sempre di Roberto D’Agostino che fa “Non baciate la Marzotto altrimenti vi attacca le rughe”.

Ed è proprio in quell’infernale caos, crocevia di arte, politica e tv dei salotti romani che la donna rinasce intimamente sul finire degli anni sessanta, per poi ergere quello spazio/luogo a celebrazione infinita del chiacchiericcio effimero fino ai giorni nostri. Marta Marzotto nasce a Reggio Emilia nel ’31. Figlia di un casellante e di un’operaia, abituata da ragazzina come la Mangano di Riso Amaro a raccogliere riso, chinata a terra, gambe nell’acqua e schiena a pezzi, fugge subito lontano ancora più a Nord: diventa prima apprendista sarta e poi modella nello studio delle sorelle Aguzzi di Milano. E’ lì che nei primi anni cinquanta il conte Umberto Marzotto, titolare dell’omonima industria tessile conosce la bella mannequin e la prende in sposa. Lui le insegna “tutto”. Viaggi a Cortina e sul Nilo. Cinque figli e diversi nipoti. Solo nell’ultima biografia, uscita qualche mese fa, per Cairo editore (Smeraldi a colazione), Marta riporta alla luce gli anni di matrimonio quando le feste erano ancora ‘banchetti di gala’ con Hemingway sbronzo prima di iniziare a cenare già in un visibilio di peti, Francisco Franco adoratore della caccia, Onassis e la genia dei principi di Monaco; ma anche scrittori e intellettuali del primissimo dopoguerra.

Ma Marta, ancora sposata con il conte Marzotto, rinasce proprio a Roma con Renato Guttuso. L’artista di fede comunista per cui diventa musa e amante incontenibile. Lei è pazza di lui. Lui la adora e la cerca di continuo. Anche se lei ha sempre affermato di non aver posato mai nuda per quei quadri che sembravano averla ritratta in fotocopia. Solo che Marta non è la Nilde Iotti di turno, pur con grande ammirazione politica per la statista. Donna libera, autonoma, irrefrenabile. Difficile incasellarla come “compagna Marta”, fuori dalla porta di qualche Congresso del PCI mentre Guttuso pontifica e le masse lo ascoltano in religioso silenzio. Nel 1976, si racconta proprio a casa di Eugenio Scalfari nel giorno in cui nacque ufficialmente il quotidiano La Repubblica, incontra Lucio Magri. L’esuberante pensatore rivoluzionario che era uscito dal partitone per fondare, con altri, Il Manifesto. I due si piacciono da morire e la loro tumultuosa liason diventa di dominio pubblico. Con Guttuso geloso e Magri, a quanto ricordato dalla Marzotto, più attento ad amare se stesso che qualcun altro. Lei lo appellò anche “straordinario rivoluzionario da salotto”. E la storia si ripete, perché la ragazzina che faceva la mondina e che scala il bel mondo diventa come il punto di collegamento tra i liberal, o mezzi tali, della politica italiana dell’epoca, e delle personalità più stravaganti dello spettacolo e della moda.

Il salotto di Marta Marzotto nasce e diventa subito snodo obbligato delle serate romane per conoscersi e farsi conoscere. Ci finisce perfino Andy Warhol. Poi lei non disdegna la nascente tv privata per mostrarsi e fare da opinionista, peraltro brillante e simpatica. Eppure gli anni ottanta sono per lei dolorosissimi: ci sono la fine definitiva del matrimonio col conte e la morte di Guttuso. Ma Marta ha sette vite. Il salotto diventa anche televisivo, grazie al socialista Balzamo che rileva la Gbr, rete tv locale romana in chiusura. E’ lì che la Marzotto mescola nuovamente le carte: poeti, scrittori, attori e nobili che attorniati da belle donne, scartano un cioccolatino, bevono una coppa di champagne, parlano dei massimi sistemi. Intanto la contessa continua a portare avanti l’attività di stilista con discreto successo. Inutile però vederla di nuovo a fianco di un uomo. Umberto, Renato, Lucio. Nessun altro prima e dopo di loro. Negli ultimi anni con l’avvento del web sono nati persino siti e pagine social in cui si insegna come “creare un salotto culturale”. “Alla Marta Marzotto”, of course.

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