Centralità del ruolo del pm nella selezione delle conversazioni. No a deleghe in bianco alla polizia per la valutazione della loro rilevanza. Sobrietà contenutistica e ricorso agli omissis dei riferimenti a cose o persone quando non sia strettamente necessario fare il contrario. Sì ad un uso, anche se mirato e non massivo, dell’udienza stralcio. Sono alcune delle indicazioni contenute nella risoluzione del Consiglio superiore della magistratura, guidato da Giovanni Legnini (nella foto) sulle intercettazioni che verrà approvata prima della pausa estiva. La bozza che il fattoquotidiano.it ha potuto visionare è stata elaborata dalla settima commissione del Csm, a seguito del monitoraggio delle direttive e delle circolari adottate dalle Procure di Roma, Napoli, Torino, nonché da quelle di Firenze, Bari, Macerata, Foggia, Nuoro, Caltanissetta, Campobasso, Siracusa, Catanzaro, Cosenza, Lamezia Terme, Arezzo, Grosseto, Livorno, Sulmona e Lecce.

AUTONOMIA INNANZITUTTO La risoluzione è una sorta di compendio delle indicazioni adottate dalle procure con cui – si legge ancora nel documento – il Csm “non intende sostituirsi all’autonomia organizzativa dei singoli dirigenti” su un tema così scottante come quello delle intercettazioni.  La cui utilità non va messa in discussione  pena “un pericoloso arretramento nel contrasto ai multiformi e variegati fenomeni criminali che affliggono il Paese”. Palazzo dei Marescialli fa inoltre un’altra premessa: la piena consapevolezza che “fughe di notizie e disvelamento di informazioni non autorizzate possono sempre essere il frutto di condotte illecite, non prevenibili solo attraverso il corretto uso delle norme processuali. Per altro tenendo in debito conto che il sistema è oggi tutto affidato a soggetti privati ed esterni all’amministrazione, in mancanza di un sistema proprietario gestito da soggetti pubblici”.

FILTRO DELICATO Ma quali sono le indicazioni fondamentali contenute nella risoluzione?  Al pm spetta, direttamente o attraverso le direttive fornite alla polizia giudiziaria, il primo delicato compito di “filtro” nella selezione delle intercettazioni inutilizzabili e irrilevanti per evitarne l’ingiustificata diffusione. La valutazione dell’inutilizzabilità o la rilevanza delle conversazioni non potrà dunque essere delegata alla polizia giudiziaria. Nel corso del primo vaglio “macroscopico, da operarsi nell’immediato, al momento dell’ascolto” si deciderà insomma se e come trascrivere la conversazione oppure procedere ad una mera indicazione nel brogliaccio.  “Occorrerà poi  – si legge nella risoluzione – un secondo vaglio, più raffinato, al momento della scelta e della selezione delle comunicazioni, trascritte o da trascrivere, da utilizzare a sostegno dell’accusa e dunque destinate ad essere utilizzate, depositate e rese conoscibili alle parti”. Insomma, il ruolo centrale di selezione è affidato al pm che è ‘dominus’ delle indagini preliminari. E l’udienza stralcio? Un consistente ricorso a questo strumento potrebbe determinare – scrive Palazzo di Marescialli – profili di insostenibilità organizzativa, tali da incidere su attività urgenti e non differibili, afferenti la libertà personale, di competenza del giudice per le indagini. Tuttavia si riconosce l’utilità di attivarla “nel corso delle indagini preliminari, in modo mirato e non massivo, per garantire l’equo contemperamento degli interessi in gioco e il bilanciamento dei diritti di pari valore costituzionali, che entrano in contrapposizione”.

PAROLE ONOREVOLI Ma che succede in pratica quando le intercettazioni risultino palesemente estranee alle esigenze investigative o processuali? La polizia giudiziaria potrà riportare nel brogliaccio di ascolto l’annotazione ‘intercettazione manifestamente irrilevante ai fini  delle indagini’ (senza alcun sunto o trascrizione) e la semplice indicazione degli interlocutori e il tipo di argomento oggetto della conversazione (ad esempio: ‘conversazioni di tipo familiare’). I testi delle intercettazioni – telefoniche ed ambientali- relative a colloqui tra l’indagato ed i propri difensori, non vanno riportati né nei brogliacci di intercettazioni, né nelle comunicazioni inviate al pubblico ministero. Quelle con altri soggetti, come medici o ministri di culto, non sono trascritte e nel brogliaccio verrebbe annotato solo il riferimento alla natura dell’interlocutore. E le intercettazioni “casuali” dei parlamentari? “Esse non andrebbero immediatamente trascritte, (a meno che non appaiano immediatamente utilizzabili nei confronti di terzi indagati) ma meramente indicate nel brogliaccio con la dicitura ‘conversazione casualmente captata con parlamentare’, dandone immediata informativa al pubblico ministero per le sue valutazioni”.

OCCHIO AL PRIVATO Infine il nodo dell’adeguatezza della selezione degli operatori privati coinvolti. Per il Csm è necessario creare un albo dei fornitori delle attrezzature necessarie (in particolare per le intercettazioni delle conversazioni fra presenti), “con ammissione vincolata alla verifica di esistenza di alcune condizioni di affidabilità complessiva, e più specifica di natura societaria, di osservanza dei requisiti di sicurezza, di idoneità tecnica e di rispetto della normativa sull’uso del software. Le operazioni di intercettazione sono da affidarsi esclusivamente alla polizia giudiziaria, lasciando alle imprese private solo la fornitura dei beni, salva la necessità in rari e specifici casi di supporti esterni alla polizia giudiziaria per far fronte a particolari competenze tecnologiche”.

Articolo Precedente

Procura nazionale antimafia, il Consiglio superiore della magistratura sceglie due nuovi aggiunti: bocciato Nino Di Matteo

next
Articolo Successivo

Magistrati in politica, parla Davigo: “Troppi giudici fanno altri mestieri”

next