Le ferie non godute devono essere sempre pagate, anche se a licenziarsi è il lavoratore. Lo ha stabilito mercoledì 20 luglio la Corte di Giustizia Europea che si è pronunciata sul caso di Hans Maschek, un dipendente pubblico della città di Vienna. “La circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro – si legge nella sentenza – non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro”.

L’impiegato austriaco è stato malato nel periodo precedente all’accoglimento della sua domanda di pensionamento, quindi non ha avuto modo di spendere i giorni di vacanza arretrati che gli spettavano. In questo caso, ha sentenziato la Corte di Lussemburgo accogliendo il suo ricorso, si deve provvedere a un rimborso in denaro. Anche se, come in questa circostanza, era stato lo stesso lavoratore  a fare domanda per andare in pensione.

Secondo la Corte, la direttiva europea 2003/88 prevede che “ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane“; che il diritto alle ferie annuali retribuite “costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione”; e che si tratta di una garanzia conferita a ogni lavoratore “indipendentemente dal suo stato di salute“. Questo per evitare che il dipendente “non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria”.

La sentenza specifica anche che la legislazione nazionale austriaca, che permette di non pagare il lavoratore in questi casi, è in contrasto con le direttive comunitarie. Legiferare su questo tema non è compito quindi del legislatore nazionale. Se poi gli Stati nazionali volessero concedere più vacanze ai propri cittadini sarebbero liberi di farlo. Spetta infatti “agli Stati membri decidere se concedere ai lavoratori ferie retribuite supplementari che si sommano alle ferie annuali retribuite minime di quattro settimane previste dall’articolo 7 della direttiva 2003/88”.

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