La Corte Ue dice sì al bail in, cioè la ripartizione dei costi dei salvataggi bancari tra azionisti e obbligazionisti subordinati. Bocciato il ricorso della Corte Costituzionale slovena, che aveva chiesto ai giudici del Lussemburgo di esprimersi sul sacrificio richiesto nel 2013 a soci e possessori di titoli subordinati di cinque istituti di credito del Paese prima che al governo di Lubiana fosse consentito di iniettare nel sistema 3,2 miliardi di fondi pubblici. Quella comunicazione è poi sfociata nella direttiva Brrd (Bank resolution and recovery), cioè quella che introduce appunto il principio del “salvataggio interno”.

“La ripartizione degli oneri tra azionisti e obbligazionisti subordinati” non viola “il diritto dell’Ue” nel campo “degli aiuti di stato a favore di una banca sottocapitalizzata”, si legge nella sentenza, molto attesa visto che in queste settimane il governo italiano sta negoziando con la Commissione Ue proprio sulla possibilità di ricapitalizzare con denaro pubblico le banche che ne avessero bisogno, a partire da Mps, senza far subire perdite agli obbligazionisti.

I giudici aggiungono però che imporre il burden sharing – cioè la ripartizione delle perdite tra azionisti e titolari di bond – non è un obbligo vincolante per gli Stati membri. L’esecutivo Ue mantiene un “ampio grado di discrezionalità nello stabilire la validità degli aiuti di Stato” e non è dispensato “dall’obbligo di esaminare le specifiche circostanze eccezionali che uno Stato membro invoca”. Gli Stati membri, sottolinea la Corte Ue, “conservano la facoltà di notificare” alla Commissione “progetti di aiuto di Stato che non soddisfano i criteri previsti” dalla comunicazione dell’esecutivo di Bruxelles e “la Commissione può autorizzare progetti siffatti in circostanze eccezionali”. In particolare la Corte ricorda che le norme europee sulle risoluzioni bancarie prevedono che possano essere ritenuti “compatibili con il mercato interno gli aiuti che mirano a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro”.

In pratica, come ricordato pochi giorni fa dal commissario Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager, “ci sono eccezioni nel caso in cui ci siano rischi di instabilità finanziaria“. Il problema, aveva sottolineato Vestager, è “capire che cosa sia l’instabilità finanziaria. Finora, in circostanze molto serie, in Spagna, in Grecia e in Slovenia, le eccezioni non sono mai state applicate”. La sentenza della Corte, ha commentato la commissaria, “è molto importante, perché stabilisce che la comunicazione sul settore bancario è valida e fare le cose in questo modo minimizzerà il costo per i contribuenti e non ostacolerà la concorrenza come potrebbe succedere se le cose venissero fatte in un altro modo. Dice anche, e credo che sia di buon senso, che la Commissione, se ci sono circostanze eccezionali, dovrebbe tenerne conto. Quanto infine alla domanda se questa sentenza avrà influenza sui colloqui in corso con l’Italia, la risposta è no”. Con l’Italia “abbiamo colloqui costruttivi in corso e non intendo scendere nei dettagli”.

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