Sempre più alla ricerca di emozioni se non proprio forti almeno bizzarre ci avventuriamo in tre pellicole cinematografiche con l’ambizione di scuoterci. Divengono più che altro posseduti i malcapitati utenti di smartphone sorpresi dall’armageddon telefonico visto in Cell. Lo stralunato disegnatore dalle fattezze casual di John Cusack vorrebbe solo prendere il suo volo per tornare a casa e rivedere il figlio, ma uno strano segnale proveniente da ogni telefono getta gli utenti in conversazione in pasto a una follia omicida immediata e irrazionale, apparentemente zombesca. Nella fuga che si fa post-apocalittica in un battito d’ali nasce la piccola armata improvvisata intorno al protagonista e a un saggio tranviere coi connotati di Samuel L. Jackson. Nel frattempo quelli che ci sembravano zombie si rivelano appunto dei posseduti, e la loro organizzazione inizia a crescere fino a una sorta di rete tra il telepatico e il telefonico. La caccia ai sani ha inizio. L’intrattenimento è nella media, ma distante dal sublime.

Stephen King aveva scritto il romanzo nel 2006 dopo aver tradito la sua stessa promessa di fermarsi per crisi creativa. Difatti la vicenda è per molti versi simile all’Ombra dello Scorpione e la versione cinematografica non decolla del tutto, nonostante il cast giusto e la pietra dello scandalo: un finale aggiuntivo rispetto al romanzo. Al di là di polemiche carta/schermo e rinnegazioni autoriali varie, il thriller meriterà il prezzo del biglietto se al mare piove.

Ai tempi di attentati random e golpe malriusciti La Notte del Giudizio – Election Day è invece un distopico rivolto al nostro presente, impugnandone una metafora non da poco. James De Monaco ha dato inizio alla saga The Purge nel 2013 creando un plot capace di cambiare protagonisti ed espandersi da deliri tra quattro mura allo psicodramma pre-elettorale passando per il tour allucinato di una società compressa in una sola notte di sanguinaria epifania. I nuovi padri fondatori degli Stati Uniti d’America hanno decretato lo sfogo annuale: 12 ore notturne dove ogni reato è lecito e non punibile. La pratica barbarica rende le città prive di crimine e il pil sale che è un piacere. In realtà la mattanza colpisce i più poveri e i proletari depurando la società da spese pubbliche. Così una senatrice, guarda caso in corsa per la presidenza, rischia la vita battendosi per la soppressione della violenza annuale. Arriverà tutta intera alla fine del film? Un po’ fa pensare alla battaglia di Obama contro le armi da fuoco. In questo De Monaco impone una metafora che utilizza potere dai rituali post-nazisti, rivolta dei neri e dei deboli e precipizio morale.

Il linguaggio pulsa come squarcio sgargiante delle maschere e delle perversioni assassine sempre più creative. Ma adesso il blockbuster con i geni delle epopee alla Romero mostra anche potenzialità di sviluppo narrativo a 360°: una serie tv potrebbe, un giorno, cavalcarne il plot in lungo e in largo per gli Usa utilizzando personaggi sempre nuovi come Fargo o True Detective. Chissà. Intanto godiamoci la saga come fosse l’uovo di oggi.

Se mi avessero parlato di un horror vampirico venuto da un fumetto dark e infiorettato di gigionerie di genere all’americana ma girato in lingua farsi da una regista iraniana, ebbene sì, avrei pensato a uno scherzo. Invece il film è vero. Ed è anche un buon film. La giovane Ana Lily Amirpour ha infuso all’anima pop del suo A Girl Walks Home Alone at Night culturemi pescati da occidente e Medioriente in un mix che sa di cult. Un manipolo di attori persiani impersona il piccolo circo umano dominato da una misteriosa vampira in chador. Pettinature anni ’50 e inseguimenti in skateboard, incontri amorosi, omicidi inevitabili e pasti notturni a base di plasma girano intorno a questo personaggio silenzioso quanto letale. Il gusto per l’inquadratura è massimo quanto in un fumetto e il gioco di alternare l’horror dei bei tempi andati al noir, intingendolo, come se non bastasse, al melodramma familiare con venature di grottesco ne fa un’alchimia dallo splendido bianco e nero e meritevole di attenzione. Inserito nel poker d’uscite a tema Nuovo Cinema Teheran, è stato lanciato da Academy Two. Quattro declinazioni di Iran attraverso gli sguardi di nuove generazioni di cineasti successive ad Abbas Kiarostami. Lontanissimi ma ugualmente chiamati a raccontare il loro paese con la cinepresa.

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