“Chi compra il cashmere compra un sogno”. È questo il motto di Gian Luca Cellini, 40 anni, imprenditore romagnolo. Nel 2010, insieme a sua moglie Floriana, ha ripreso il vecchio podere di famiglia per dare vita ad un’azienda che produce cashmere, ricavando il materiale direttamente dalle capre Hircus. I prodotti sono venduti in Italia e all’estero, fino al Nord Europa e agli Stati Uniti. “Tutto è iniziato come hobby: ora sogniamo di diventare contadini”, racconta.

Gian Luca e Floriana si sono conosciuti in un laboratorio per prototipi in ambito dentistico. Floriana, in attesa di un bambino, non è stata più riconfermata allo scadere del contratto. È così che i due decidono di riprendere il podere lasciato in eredità a Dovadola, comune di 1.600 abitanti in provincia di Forlì. In quel momento scatta la molla: “Eravamo costretti a impegnare interi fine settimana nella pulizia del sottobosco – racconta l’imprenditore –. Per questo ho cercato di trovare un’alternativa alle nostre braccia per adempiere al faticoso lavoro di pulitura”. La scelta ricade sulla capra Hircus, di origine asiatica, la cui fibra è chiamata Vello d’oro. Da lì alla produzione del cashmere il passo è stato breve.

“Eravamo costretti a impegnare interi fine settimana nella pulizia del sottobosco. Per questo ho cercato di trovare un’alternativa alle nostre braccia: le capre”

L’idea è semplice: Gian Luca utilizza le capre per pulire l’ambiente. Poi, dalla fibra degli animali ricava il cashmere. “Un po’ per gioco, un po’ per scommessa personale ho iniziato un percorso formativo nel Chianti”, racconta. Con l’aiuto di suo padre costruisce un recinto per ospitare gli animali, ad Imola. Pochi mesi dopo sono arrivati i suoi primi esemplari: tre maschi castrati, più docili e più facili da gestire. È nel 2012 che nasce l’allevamento Cellini Cashmere, che oggi trasforma il Vello d’oro delle capre Hircus in prodotti finiti nobili e pregiati. Tutto è iniziato nel piccolo laboratorio casalingo, con attrezzature ereditate dai suoceri. “Con l’aiuto di mia moglie Floriana e di sua madre Enza, sarta e magliaia, abbiamo cercato di unire passione ed esperienza”.

La reazione iniziale di amici e parenti non è stata delle migliori. “In molti ci prendevano in giro”, ricorda Gian Luca. La difficoltà più grande, però, è stata la lotta contro la burocrazia. Un esempio? “Paradossalmente abbiamo dovuto far figurare che compriamo il cashmere dalla nostra stessa attività – spiega l’imprenditore –. I primi mesi, per non dire i primi anni, sono stati pieni di spese – aggiunge –. Per fortuna avevamo un fondo nostro: tutto quello che raccontano sugli incentivi sono solo cazzate. Se non sei tu ad informarti le istituzioni non ti dicono nulla”.

“L’Italia, anche se è tra i primi trasformatori al mondo di cashmere pregiato, è dominata dalle grandi industrie: noi piccoli agricoltori non abbiamo alcuna considerazione”

L’azienda, ad oggi, è condotta principalmente da Floriana, che si occupa di tutta la filiera fino al prodotto confezionato e inscatolato. Gian Luca, invece, nel fine settimana si prende cura degli animali e lavora le rocche di filato. Spesso è costretto a viaggiare all’estero per trasformare il prodotto e farlo monitorare. “L’Italia, anche se è tra i primi trasformatori al mondo di cashmere pregiato, è dominata dalle grandi industrie: noi piccoli agricoltori non abbiamo alcuna considerazione”.

Per il momento Gian Luca e Floriana riescono a coprire tutte le spese, ma sperano di “andare in positivo nell’arco di poco tempo”. I prodotti sono venduti direttamente in alcuni negozi di abbigliamento di Bologna. Ma il principale introito deriva dalle vendite online: gli ordini arrivano dal Nord Europa, dai Paesi dell’Est e dagli Stati Uniti. Recentemente, poi, l’azienda ha firmato un contratto con Amazon, che diventerà la principale piattaforma di vendita. “Il prodotto è di nicchia, e solo chi è intenditore di cashmere apprezza la nostra storia e tutto il lavoro che c’è dietro”, spiega Gian Luca. Un paio di guanti in puro cashmere costano 247 euro. Un cappellino lungo grigio 230. Una pashmina bianca 411 euro. “All’estero sono molto più sensibili al concetto di sostenibilità – continua – per questo rimangono affascinati dal nostro processo di produzione”.

“I grandi dell’economia stanno svendendo l’Italia pezzo per pezzo. Non è nel nostro intento portare oltralpe anni di fatica e sacrifici fatti nel nostro Paese”

Andare via? “Amiamo l’Italia, e qui abbiamo tutto per condurre una vita ecosostenibile”, spiegano i due. Le capre, nel frattempo, sono passate a 35. Il sogno è quello di rendere l’intera filiera italiana, senza affidarsi a servizi stranieri. Il discorso, però, torna sulle tasse. “Siamo sempre sotto pressione fiscale: ci sono troppe regole create da persone che non sanno neanche che una capra, invece di essere un animale che reca un danno all’ambiente, può darti la possibilità di creare un’azienda”. Ma a spostarsi Gian Luca non ci pensa. “I grandi dell’economia stanno svendendo l’Italia pezzo per pezzo – conclude –. Non è nel nostro intento portare oltralpe anni di fatica e sacrifici fatti nel nostro Paese”.

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