Usavano il deep web, la rete che sfugge ai normali motori di ricerca, per condividere grosse quantità di materiale pedopornografico. Sono cinque i cittadini italiani arrestati, e altri 16 denunciati a piede libero, nell’ambito di una vasta operazione contro la pedofilia condotta dalla polizia postale della Basilicata su tutto il territorio nazionale. Il blitz è stato coordinato dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online di Roma, che riceve le segnalazioni anche da agenzie internazionali, le verifica e le trasmette poi agli uffici territoriali.

L’operazione nasce sulle segnalazioni fornite a partire dal 2015 dall’Europol e dalla polizia belga. La polizia postale è riuscita a tracciare le connessioni Internet clandestine attraverso i file di hash, una specie di impronta digitale che individua in maniera univoca la foto o il filmato condiviso o scambiato. Gli investigatori di Potenza, coordinati dal sostituto procuratore Vincenzo Russo, hanno ottenuto 21 decreti di perquisizione in tutta Italia. I cinque arresti sono stati effettuati in Lombardia, Toscana, Trentino Alto Adige e Lazio.

I cinque arrestati sono stati sorpresi in possesso di grandi quantità di materiale pedopornografico che tenevano sui propri pc e scambiavano con gli altri indagati. Quattro di essi erano incensurati e sconosciuti alle forze dell’ordine. Solo uno aveva precedenti specifici, risalenti al 2002 e 2003, ed è genitore di un figlio senza fissa dimora. Tra gli altri un ultrasettantenne, cardiopatico e diabetico, ex direttore di un ufficio postale, che è stato trovato con 21mila file, 15mila immagini e 6mila video, contenenti abusi su minori anche di tenera età, nonché fumetti pedopornografici. Un altro pensionato, ex operatore ecologico e nonno di due bambini di 8 e 10 anni, conservava il materiale su 47 pen drive, sparse in tutto il suo appartamento. Poi un ingegnere elettronico, colto in flagranza mentre condivideva una cartella con 600 file e un operaio che viveva a casa dei propri i genitori ma isolato in una stanza chiusa a chiave, in cui lui solo aveva accesso.

In tutti gli altri sedici casi non è stato possibile dimostrare il possesso del materiale illecito al momento della perquisizione, pur essendo comprovato lo scaricamento e la condivisione di immagini e filmati, probabilmente cancellati prima del blitz. Si è proceduto quindi con una denuncia a piede libero, in attesa delle attività forensi sul materiale sequestrato.

Tutte le persone coinvolte utilizzavano il web sommerso, definito ‘dark net’ o ‘deep web’, a cui si accede da browser come Tor, in cui è garantito un (quasi) totale anonimato delle connessioni. Nel 2013, una grossa operazione condotta negli Stati Uniti ha portato alla chiusura del sito ‘Silk Road’, un immenso bazar del mercato nero, il più popolare nel web parallelo, in cui si poteva ordinare ogni tipo di droga, documenti, servizi sessuali, in alcuni casi armi e per l’appunto materiale pedopornografico. All’oscuramento del sito è seguita una condanna all’ergastolo del fondatore e un risarcimento danni al governo per 184 milioni di dollari.

In seguito anche l’Italia ha fatto i conti con una sua silk road. Con l’operazione Babylon è stato individuato e chiuso un mercato online di merci e servizi illegali, bloccando conti per un milione di euro: il primo sequestro in Europa e il secondo al mondo. La polizia postale, svelando i traffici del market place italiano, ha sequestrato circa 14mila wallet di moneta digitale Bitcoin per un valore di circa un milione di euro. Su Babylon si poteva acquistare di tutto: armi, sesso, documenti, droga e qualsiasi altro materiale o servizio illecito.

Il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (C.N.C.P.O), istituito nel 2006, svolge attività di coordinamento in tema di contrasto e prevenzione della pedopornografia in Rete. Conduce attività sotto copertura e coordina quelle svolte sul territorio dai compartimenti di polizia postale.

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