Lo spettro di una terza chiamata alle urne si sta materializzando sempre di più sulla Spagna. Mariano Rajoy, premier uscente e leader del Partito popolare, che ha vinto ma senza maggioranza le politiche del 26 giugno (così come quelle del 20 dicembre), con 135 deputati su 350, ha avviato le consultazioni con gli altri partiti col difficile obiettivo di formare il nuovo governo, ma quella che sembrava la strada più praticabile non ha portato a nessuna via d’uscita.

Rajoy ha infatti proposto come prima opzione una Gran Coalicion con socialisti (85 deputati) e Ciudadanos (32), respinta però da Sanchez, che oggi ha affermato che i socialisti “andranno all’opposizione”. Il Psoe ha detto che voterà contro l’investitura di Rajoy e non si asterrà per favorire la formazione dell’esecutivo. Secondo la stampa spagnola Rajoy tenta ora di formare un governo di minoranza, ma non ha per il momento i numeri per superare il voto di investitura davanti al Congresso (la maggioranza è a quota 176 deputati).

Alcuni analisti hanno ipotizzato che il Psoe all’ultimo minuto opti per una astensione almeno di una parte dei suoi parlamentari per consentire la nascita di un nuovo governo ed evitare nuove elezioni, le terze in meno di un anno. Una ipotesi caldeggiata, “in caso di necessità”, dal leader storico del Psoe l’ex-premier Felipe Gozalez. Da parte sua il numero uno del Pp ha detto che andare a nuove elezioni per la terza volta in un anno, se un nuovo governo non potrà essere formato per i veti incrociati dei partiti, sarebbe “insensato“.

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