“I politici perbene non dovrebbero stare seduti vicino ai corrotti”. Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, intervenendo al convegno dei Cattolici democratici a Orvieto, è tornato a rivolgersi al mondo politico. Ma anche a quello economico e della pubblica amministrazione. “In Italia”, ha detto, “siamo di fronte a una devianza della classi dirigenti senza eguali. La corruzione è un fenomeno seriale e diffusivo del tutto identico a quello della riscossione del pizzo da parte di Cosa Nostra“. L’ex pm del pool di Mani Pulite nei mesi scorsi è stato al centro di una polemica con il presidente del Consiglio che lo ha criticato per aver detto che il “politico che delinque fa più danni del delinquente di strada“. Matteo Renzi aveva replicato dicendo che l’Italia ha vissuto 25 anni di barbarie giustizialista e intervistato da Repubblica aveva detto: “Dire che tutti sono colpevoli significa dire che nessuno è colpevole. Voglio nomi e cognomi”.

Oggi Davigo è tornato a spiegare la sua tesi: “Nel 1992 erano molti che si vergognavano di essere stati sorpresi a rubare. Ho detto, ricevendo molte critiche, che oggi in molti continuano a rubare ma non si vergognano più. Ribadisco che molti lo fanno, che non vuol dire tutti: per distinguere le pecore bianche da quelle nere, bisogna fare i processi”. E ha poi continuato: “A qualche politico ho chiesto se si rendeva conto che se continuava a sedersi vicino a un corrotto, i cittadini fossero autorizzati a pensare che siete uguali. Sarebbe meglio dire ‘finché c’è lui, io qui non mi siedo’. E forse allora anche chi commette reati tornerebbe a vergognarsene. Se si accetta il compromesso i risultati politici non si ottengono mai più, perché l’erba cattiva scaccia quella buona”.

Secondo Davigo in Italia siamo in presenza di “una devianza delle classi dirigenti” senza eguali: “Non solo della pubblica amministrazione o della politica ma anche del mondo economico, che non ha equivalenti in altri Paesi, quanto meno sotto il profilo della mancata reazione della politica”. Il presidente dell’Anm ha anche criticato la frase che molto spesso i politici pronunciano quando vengono coinvolti direttamente o meno in un’inchiesta: “Aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso”. Per Davigo, questo tipo di atteggiamento “è una sorta di delega della politica alla magistratura a compiere una selezione della classe dirigente. Ma la politica dovrebbe invece dimostrare una propria, autonoma capacità di valutazione rispetto ai procedimenti giudiziari. Se la politica si avvalesse su questo tema di una sua autonomia di giudizio questo basterebbe a far allentare la tensione, spesso al calor bianco, tra la politica stessa e la magistratura”, ha ribadito Davigo. “Vorrei vivere in un paese dove ci vuole coraggio a fare il delinquente, non a essere onesto”.

Secondo il magistrato però la soluzione non può essere solo quella di inasprire le pene “se non si sa a chi darle”: “Prima”, ha detto, “bisogna trovare i colpevoli e far emergere la corruzione sommersa, in un paese come l’Italia dove non se ne denuncia praticamente mai”. Per il magistrato, “a questo scopo servono incentivi per chi parla, operazioni sotto copertura e ruolo proattivo delle forze di polizia”. Davigo è poi tornato a esprimere perplessità sul Codice degli appalti: “Se si usano strumenti come questo vuol dire voler ignorare la realtà, è un Codice che dà fastidio alle imprese per bene e non fa né caldo né freddo a quelle che delinquono”.

Parlando del fenomeno della corruzione Davigo ha spiegato che non si tratta di “devianza individuale”, ma di ben altro.  “La corruzione ha due caratteristiche principali: è seriale, perché chi commette il reato tendenzialmente lo ripete, ed è diffusiva, perché chi è comune a certe pratiche tende a coinvolgere altre persone per creare un ambiente favorevole alla corruzione”. Il “sistema criminale” della corruzione, ha concluso, è “del tutto identico a quello della riscossione del pizzo da parte di Cosa Nostra“.

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