Me ne sto seduta nell’antichissimo cortile di Castel Capuano a godermi uno strepitoso “Giudizio Universale” di Vittorio De Sica quando ricevo un sms da Marco Bottigliero, un furetto della comunicazione: “Un amico di un amico ci fa sgattaiolare dietro le quinte. Vieni fuori subito”. Si riferisce all’Anfiteatro di Pompei dove stanno allestendo il concerto più atteso e più blindato dell’anno, quello di David Gilmour. Mollo il film sul più bello. In macchina c’è anche Antonio Onorato, fuoriclasse del jazz. Aveva 6 anni quando i Pink Floyd lanciarono nel mondo Live at Pompei. Correva l’anno 1971 e la musica dopo questo concerto è stata ascoltata con orecchie e occhi diversi.

Da due giorni una task force di 300 facchini scaricano, montano, inchiodano, incollano, imbullonano e martellano. Le misure di sicurezza sembrano quelle antiterrorismo: i documenti di tutti sono stati passati al vaglio della questura. Alle spalle dell’Anfiteatro hanno allestito un piccolo villaggio: docce, bagni, letti, cucine e uffici di produzione, tutto a pieno ritmo 24 ore su 24. Dietro l’evento ci sono 14 mesi di preparazione da quando Mimmo D’Alessandro, promoter e organizzatore solo di concerti al top, lo ha proposto all’amministrazione comunale. Lo hanno guardato come dire ‘chist ‘e pazz’ e invece eccolo qua, un velo di abbronzatura e calma quasi zen. “Fino a quando non andiamo in scena, ho paura che qualcuno all’ultimo ci ripensi…”, dice. Invece ha avuto pure la benedizione del ministro della Cultura Franceschini che si presenterà stasera con lungo seguito di omaggiati di biglietto (che per i comuni mortali costerebbe 350 euro).

Prenderanno posto nell’arena davanti al palco dove è stato montato un schermo circolare che assomigli a un mega gong. Adesso un po’ di cifre: 3 concerti, due date per Gilmour e una per Elton John sono costati 9 milioni di euro, 3.000 biglietti all’incirca per ogni concerto, tutti sold out. Voci molto vicine alle entourage sussurrano che lo stesso Gilmour ci rimetta un milione di euro. Si stenta a crederlo ma è così.
Intanto noi imbucati siamo un po’ come il bottino che scotta e passiamo di mano al responsabile numero uno della security. E’ grazie a lui se l’anfiteatro non è diventato tutto un pizzetta-birra-coca cola. Ci mostra anche, al di là delle antiche mura, un lounge con divani e deejay per i super vip del dopo concerto.

Due cosucce a Lady Cnn. Cara, Angela Costanza Turner. Siamo anche colleghe, facendo lo stesso lavoro. Sei una donna ‘up to date’ (come dite voi in America, oh yes), aggiornata sui fatti, non ti saranno di certo sfuggite le immagini di Gomorra che, purtroppo, hanno fatto il giro del mondo. Anche se continuo a spiegare che Napoli non è Gomorra, venirci in Porsche Cayenne, capelli al vento da ‘schiantosa’ e ‘orologione’ al polso, è stata una mossa azzardata. Te lo sei un po’ cercato, o no? Pretendere le scuse dal sindaco, una mossa da prima donna. Va beh, sei la nuora di Ted Turner, il patron della Cnn.
Se io fossi la Patek Philippe, brand di orologi di superlusso (in confronto il Rolex è da poveracci), ti ingaggerei per lo spot: giù le mani dal mio Patek. Che hai difeso a pugni, te lo sei tenuto stretto e hai messo in fuga gli scippatori. Accontentati che ti sia andata bene. Saresti stata pure la testimonial perfetta, due giorni dopo il fattaccio, per la serata auto celebrativa Patek al Riccio di Anacapri, con un tramonto nel bicchiere, note di un pianista jazz che sembrava uscito dal set di Around Midnight, scialatielli ai totani e fuochi d’artificio sparati in mezzo al mare. Avresti scialato pure tu.

 

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