Virginia Raggi ha impiegato 18 giorni per insediare la sua giunta. Poteva fare meglio, certo. Però, solo per la cronaca, nessuno ha ricordato che Massimo Zedda, sindaco di Cagliari eletto al primo turno, politico giovane e leader carismatico in città, ne ha impegnati 31, 13 giorni in più. D’accordo: Cagliari non è Roma. E però… L’ha detto Pizzarotti e credo abbia ragione: se noi giornalisti avessimo destinato ai predecessori della Raggi un terzo dell’attenzione che riserviamo a lei, a quest’ora Roma sarebbe un gioiello.

E’ anche certo che quel che succede a Roma accadrà in Italia. Se la sindaca saprà governarla, il pallino della vittoria rimarrà in tasca al Movimento. Se risulterà inadeguata o, peggio, apparirà ostacolata dai suoi stessi compagni di strada, allora il Movimento avrà fatto flop e anche quest’ultima speranza, un’alternativa possibile di buon governo, un ricambio al potere del Paese utile alla democrazia e agli stessi competitori del Movimento, sarà destinata ai ricordi, ai rimorsi, ai veleni.

I dettagli, ciò che è filtrato da questi 18 giorni di passione, indicano una difficoltà politica della sindaca a gestire le personalità e le ambizioni di alcuni suoi colleghi e, sembra, soprattutto colleghe. Ma la prova del governo inizia da questo momento, e sul governo, anzi sulla dedizione, sull’equilibrio con cui la giunta affronterà le enormi e purtroppo endemiche crisi dentro cui Roma è sprofondata, si reggerà la scommessa.

Sarà vinta se anche pochi gesti, ma dal forte valore simbolico, daranno senso comune al cambio di stagione. Già avere i netturbini in strada, già vederli pienamente e quotidianamente impegnati a fare ciò per cui sono chiamati, sarebbe una vittoria. Magari la città non luccicherà, maghi in giro non se ne vedono, ma almeno spegnere l’effetto latrina è il minimo che possiamo e dobbiamo chiedere. E vedere i vigili urbani, troppo spesso accompagnati dall’idea che il pizzardone sia un infingardo in divisa, occupare le strade per svuotarle del traffico e non assistere inoperosi e indolenti al caos, sarebbe un’altra grande vittoria. Vederli in periferia nel numero uguale che in centro. E sapere per esempio che il Campidoglio azzererà nuove cubature non cambia il destino di tanti, ma muta l’atteggiamento degli sfiduciati, il popolo che non vota, non spera e nemmeno protesta più.

Che un tram funzioni, la metro non faccia scherzi, il bus non gestisca a piacimento le proprie attività, è un’aspettativa così impossibile? Penso di no, spero di no.

Soprattutto penso che non debba essere impossibile attendersi che si governi con la mente e con il corpo, che la passione li tenga uniti: sono loro che ambiscono a cambiare la realtà. Hanno la possibilità di darne prova. La competenza è importante ma oltre ogni altra cosa, oltre anche l’onestà, serve appunto la passione e serve la responsabilità. Avranno – purtroppo per loro – pochi mesi, al massimo quattro, per dimostrarlo.

I nuovi Re di Roma

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