La modifica della legge elettorale come condizione per sostenere il sì al referendum costituzionale del prossimo ottobre è il punto intorno al quale si registrano le più profonde divisioni all’interno del Pd, come emerso durante la direzione del partito. Il premier-segretario Renzi è stato chiaro: in Parlamento non c’è una maggioranza per una legge alternativa e comunque non intende modificarla. E’ Gianni Cuperlo, esponente della minoranza dem, a spiegare: “Io ho chiesto di modificare l’Italicum per favorire il percorso del referendum, dopodiché se la chiusura fosse confermata e totale, sulla posizione sul referendum, ci riuniremo e decideremo”. “L’idea che si possa vincolare uno dei cambiamenti dal punto di vista istituzionale alla modifica delle legge elettorale, magari con il premio alla coalizione non più alla lista, è sbagliata e mi trova in disaccordo“, ribatte il sottosegretario alla giustizia, Gennaro Migliore. Eppure se Matteo Renzi nei suoi due interventi non cita mai neppure una volta la parola Italicum, è il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, ad aprire alla modifica della legge elettorale con il premio alla coalizione e non più alla lista “per difendersi dai populismi” ma, sottolineando, che se ne potrebbe parlare “dopo il referendum”. Roberto Speranza, che guida la minoranza dem, dice: “Non possiamo trasformare il Pd in un mega comunicato per il sì alla modifica della Costituzione. Se altri si stanno convincendo che avevamo ragione noi – aggiunge – non posso che essere contento”. “No” è invece la perentoria risposta di un “ex franceschiniano”, il presidente dei deputati dem, Ettore Rosato, alla domanda se l’Italicum verrà modificato. E a chi gli chiede se Franceschini parlasse in direzione per interposta persona del presidente della Repubblica Mattarella, replica: “Questa è una cazzata”

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