È passata appena una settimana dalle elezioni comunali che hanno visto la rielezione del sindaco Pd Virginio Merola e per lui arriva subito la prima gatta da pelare. BolognaFiere – il secondo polo espositivo d’Italia, tra i cui principali azionisti ci sono proprio il Comune e gli enti locali in mano al Pd – ha infatti annunciato 123 esuberi. La metà del proprio personale rischia concretamente il licenziamento e in città si profilano settimane calde sul fronte sindacale. Da anni l’expo bolognese era in difficoltà: la crisi economica, la perdita di alcune fiere importantissime (come il Motor Show), la serrata concorrenza di altre città come Milano (che recentemente ha strappato agli emiliani la celebre Lineapelle), avevano messo in ginocchio quello che una volta era un fiore all’occhiello della via Emilia.

Nella mattina del 28 giugno i sindacati hanno ricevuto una lettera dall’azienda che conferma la volontà di tagliare i costi. E a rischiare il posto sarebbero i dipendenti part time, quelli che lavorano solo in occasione delle manifestazioni. L’azienda in un comunicato stampa parla di “un elemento distorcente nella competizione con gli altri quartieri”, cioè “l’eccessivo costo che BolognaFiere sostiene per le cosiddette attività ‘discontinue’, che da nessun’altra parte prevedono il regime ora in atto in BolognaFiere”. Tradotto: in altre città, in occasione degli eventi fieristici, alcuni servizi sono stati da tempo esternalizzati, mentre a BolognaFiere si è sempre fatto tutto coi propri dipendenti, che lavorano solo in determinati periodi dell’anno (part time verticale), seppure con dei contratti a tempo indeterminato.

Ora, con un’azienda che nel 2015 ha perso 8,9 milioni di euro, secondo la nuova dirigenza in carica da pochi mesi non c’è più tempo da perdere. Il nuovo presidente Franco Boni – arrivato a marzo a sostituire Duccio Campagnoli, ex sindacalista Cgil e poi assessore regionale Pds e Pd – aveva subito annunciato un “piano di investimenti decennale lacrime e sangue” per salvare la Fiera. Ora in un comunicato BolognaFiere spiega di essere tuttavia pronta a valutare alternative: “d’intesa con il Consiglio di amministrazione, abbiamo avviato una procedura di mobilità, peraltro disponibili a cercare con le organizzazioni sindacali, soluzioni che possano comportare esiti diversi dal licenziamento”. L’azienda ha spiegato che “alcuni interventi non vengono affrontati senza la dovuta consapevolezza dell’impatto doloroso che causano, ma nella certezza che, purtroppo, è in gioco la competitività e, quindi, il futuro della nostra azienda”.

I sindacati sono già sulle barricate: per oggi, in occasione dell’assemblea dei soci, di fronte al palazzo della Fiera è previsto un primo presidio di lavoratori. Ma la polemica è già politica: “Credo sia un passaggio necessario per il rilancio della nostra fiera, ma non è un rilancio che passerà sulla disoccupazione di quei lavoratori”, ha assicurato il sindaco Merola. Massimo Bugani, candidato del Movimento 5 stelle alle scorse elezioni (è arrivato terzo con il 16%) ha attaccato il sindaco considerandolo “responsabile di questo fallimento”. Poi se l’è presa col sindacato: “Sono schifato. Nei giorni scorsi ho anticipato questa decisione dei dirigenti della fiera e sono stato attaccato violentemente. La Cgil che ora dice di voler fare azioni di protesta è lo stesso sindacato che mi ha accusato di fare strumentalmente campagna elettorale contro Merola durante il ballottaggio, dicevano che le mie dichiarazioni erano puro allarmismo e senza alcun fondamento. Io ero semplicemente preoccupato per il futuro di 123 famiglie”.

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