Dopo l’esito del referendum e la vittoria del “Leave” per il Regno Unito si apre una grande incognita sul proprio destino. Prima del Trattato di Lisbona, non era nemmeno prevista la possibilità di uscita dall’Ue. Ora è contemplata dall’articolo 50, finora mai utilizzato. Nella storia dell’Europa unita non c’è nessun precedente, per questo il rischio è che si navighi a vista. La sola certezza è che la Brexit comporterà un percorso lungo e complesso, di almeno due anni dal momento in cui verrà fatto scattare l’articolo di ‘addio’, spiega l’Ansa. Ma potrebbe durare fino a una decina se si considerano anche i rapporti post-Brexit da rinegoziare tra Gb e Ue: il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, nei giorni precedenti al referendum ha parlato di “7 anni almeno”, il governo britannico di “un decennio o più”.

Risultato del voto – Il referendum sulla Brexit non è legalmente vincolante, ma il premier David Cameron ha già annunciato le dimissioni sostenendo che il negoziato di uscita dovrà essere guidato da un nuovo leader.

Vertice Ue e attivazione art. 50 – La riunione del vertice Ue di martedì e mercoledì prossimi potrebbe essere la prima occasione per Cameron di attivare l’articolo 50. Prima di quel vertice a 28 ci sarà una “riunione informale a 27” per “una riflessione”, ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Una volta pigiato il ‘bottone rosso‘, scatta immediatamente il conto alla rovescia dei due anni massimi previsti per negoziare l’uscita, quindi la richiesta formale all’Ue potrebbe avvenire successivamente, anche dopo l’estate.

Fino a uscita formale legislazione Ue resta in vigore – “Non ci sarà vuoto legale” ha assicurato Tusk, precisando che “fino all’uscita formale del Regno Unito la legge Ue resta valida nel Regno Unito, ciò significa diritti e doveri”.

Almeno due anni per l’exit – Con l’articolo 50 attivato, comincia il negoziato, verosimilmente gestito dalla Commissione Ue su mandato del Consiglio, per l’uscita del Regno Unito da quasi 45 anni di legislazione europea, dall’energia al mercato interno ai servizi finanziari. Nel frattempo, Londra continuerà a essere membro a tutti gli effetti dell’Ue, quindi a votare e prendere decisioni ma sarà esclusa da quelle sulla Brexit. I parlamentari britannici diventeranno di fatto ‘osservatori’. Spetterà poi a Consiglio e Parlamento Ue dare o meno l’ok all’accordo per l’exit. Se al termine dei due anni questo non fosse stato raggiunto, o il Regno Unito cessa di colpo di essere membro oppure – ma solo su decisione unanime dei 27 – potrà essergli concesso più tempo per chiudere l’intesa.

Altri 5-8 anni per nuovi rapporti e chiusura vecchi – Tutto dovrà essere rinegoziato per i nuovi rapporti, che potrebbero essere improntati a quelli dei Paesi Efta come Norvegia e Islanda: dagli accordi commerciali ai programmi di ricerca e per le pmi, dall’Erasmus alle norme di conformità dei prodotti. Le discussioni potrebbero andare in parallelo a quelle per l’exit, ma difficilmente si potrebbero chiudere in due anni. Senza contare il ‘phasing out’ dei programmi Ue in corso, e l’annosa questione dei funzionari e dei traduttori britannici Ue.

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