Pogba è più vicino al Real Madrid che al Manchester City. E non c’entrano il volere del giocatore né le strategie del procuratore Mino Raiola. Se la Juventus decidesse di vendere il suo fenomeno, una squadra inglese avrebbe maggiori difficoltà a comprarlo per effetto della Brexit. Il Leave espresso dalla Gran Bretagna fa tremare anche la Premier League, costretta a fare i conti con il voto e la sua incidenza – economica, ma non solo – sul calcio. E la notizia non lascia indifferenti neanche chi sta disputando gli Europei in Francia.

La sterlina a picco: un problema per gli acquisti
Il crollo della sterlina, mai così bassa negli ultimi 31 anni, pone subito un problema legato al calciomercato. Le operazioni con gli altri club europei hanno l’euro come bussola per le transazioni. L’esempio di scuola in queste ore è il fenomeno della Juventus, Paul Pogba: la Juventus fissa il prezzo a 100 milioni di euro. Fino a martedì sera, una squadra inglese avrebbe dovuto sborsare poco più di 75 milioni di sterline. Diventate circa 81 dopo il voto. Mentre non cambia nulla per qualsiasi altro club spagnolo o tedesco. Il problema si pone anche per i trasferimenti già effettuati, ma che prevedono un pagamento a rate. Qui esistono due casi: ci perde il compratore inglese se il valuta dell’accordo è l’euro, mentre l’impatto sarebbe negativo per chi ha ceduto se il contratto di vendita è stato fissato in sterline. La svalutazione della moneta inglese avrà ripercussioni anche nella negoziazione dei contratti con i giocatori europei. Se gli atleti dovessero richiedere un pagamento in euro, questo influenzerebbe i costi salariali iscritti a bilancio. I club dovranno quindi prestare molta attenzione anche al Fairplay Finanziario qualora dovessero decidere di investire su giocatori stranieri.

Diritti tv: un miliardo in fumo?
La Brexit rischia d’essere un boomerang anche per quanto riguarda i diritti tv. Il nuovo contratto da record firmato dalla Premier ha portato le squadre inglesi ad aver un vantaggio enorme rispetto alle concorrenti europee che rischia d’essere eroso in parte. L’accordo triennale 2016-19 per la trasmissione in Inghilterra farà piovere nelle casse dei club 5,136 miliardi di sterline. Il crollo della moneta dovrebbe mandare in fumo quasi un miliardo se quei soldi non verranno usati nel mercato domestico. C’è poi un discorso – ancora incerto – legato ai ricchissimi pacchetti venduti per la trasmissione all’estero. Se la Premier ha chiuso accordi usando la sterlina come valuta, le 20 società sono destinate a perdere ulteriori introiti che avrebbero incassato senza le ripercussioni avute nel cambio per l’esito del referendum.

Più difficile tesserare i giovani per regole Fifa
Il voto dovrebbe avere – a meno di rinegoziazioni – un effetto negativo anche sui trasferimenti internazionali dei giocatori minorenni, vietati dall’articolo 19 della Fifa. La regola non vale infatti per passaggi interni all’Unione Europea, della quale il Regno Unito non fa più parte da giovedì notte. Per ritornare all’esempio di prima: con le regole alle quali va incontro la Premier, il giovanissimo Paul Pogba che arrivò allo United, oggi non potrebbe più farlo. Così come Cesc Fabregas all’Arsenal. Una mazzata che potrebbe però avere un risvolto positivo per quanto riguarda la cura dei talenti inglesi. E infatti su questo rischiano di scontrarsi la Football Association e la Premier, che non a caso negli scorsi giorni si era apertamente schierata contro la Brexit attraverso il suo amministratore delegato Richard Scudamore.  

Cambia lo status di molti stranieri?
Lo scenario peggiore paventato da molti in queste ore è quello legato alla libera circolazione dei lavoratori con passaporto europeo. Circa due terzi dei calciatori tesserati per squadre della Premier – 161 atleti – provengono da paesi dell’Ue o dello Spazio economico europeo. Il loro status, dopo la Brexit, potrebbe cambiare e dovrebbero passare le maglie dell’ok al ‘permesso di lavoro’ per svolgere la loro professione nel Regno Unito. E le regole stringenti che la Football Association si è data recentemente sui tesseramenti degli extracomunitari (presenze internazionali, posizionamento della nazionale di appartenenza nel ranking Fifa) rischiano di creare un combinato deleterio per la qualità del campionato con conseguenze dirette sull’appeal internazionale. Un rischio enorme per una delle industrie più ricche del Paese. Lo status quo riguardo ai lavoratori verrà certamente mantenuto nei prossimi 2 anni e quattro mesi. C’è il tempo di trovare un accordo che eviti il tracollo. E il calcio inglese è “too big to fail“.Troppo grande per fallire, Brexit o non Brexit.

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