Il premio ‘Comuni ricicloni’ quest’anno parla di storie. Due esempi su tutti. Se nella già ecologica Parma i costi delle bollette sono stati tagliati per oltre 92mila famiglie, a Catanzaro la raccolta porta a porta ha portato a un piccolo miracolo: la media cittadina è più che triplicata. Nel 2016 Legambiente ha alzato l’asticella: per entrare nell’Olimpo della gestione sostenibile, ai comuni non basta superare il 65% di differenziata, ma è necessario che producano non più di 75 chilogrammi di rifiuto secco indifferenziato all’anno per abitante. Si punta sulla prevenzione. Ergo, bisogna produrre meno spazzatura. E in Italia aumentano i comuni ‘rifiuti free’: sono 525 quelli che rispondono a entrambi i criteri di valutazione. Al Nord ce ne sono 413 (79%), al Sud 87 (17%) e 25 (5%) sono al Centro. “Tra comuni ricicloni e ‘rifiuti free’ è in atto una rivoluzione –  dichiara Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente presentando il dossier – una riforma anti-spreco che fa bene al Paese, perché dimostra che l’economia circolare è già in parte in atto e che un’Italia libera dai rifiuti è un sogno realizzabile”. Ora la vera scommessa “è quella di far diventare tutta l’Italia, nei prossimi 3 anni, ‘rifiuti free’ attraverso l’obbligo di tariffazione puntuale, lo stop ai nuovi inceneritori e l’aumento dei costi in discarica e la costruzione di nuovi impianti di riciclo”.

LE REGIONI CON PIÙ COMUNI ‘RIFIUTI FREE’. Le regioni che danno l’esempio? Il Veneto con il 35% dei comuni, il Friuli-Venezia Giulia (29%), il Trentino-Alto Adige (17%) e la Campania (9%). In queste realtà vive il 7% degli italiani, 3 milioni di cittadini che hanno ridotto il residuo non riciclabile da smaltire. “Risultati ottenuti con la responsabilizzazione dei cittadini attraverso una raccolta domiciliare, la comunicazione efficace e politiche anche tariffarie che premiano il cittadino virtuoso” si legge nel dossier. Non è un caso che dei 525 comuni premiati 255 abbiano un sistema di tariffazione puntuale e 136 uno normalizzato. In particolare il Veneto si distingue per ben 204 comuni ‘liberi dai rifiuti’, seguito dalla Lombardia con 76 (grazie soprattutto alla provincia di Mantova). Numeri importanti anche dal Friuli-Venezia Giulia (63 comuni), dal Trentino Alto Adige (56) e dalla Campania, con le sue 50 realtà virtuose su 550 comuni. Indietreggia invece il Piemonte che quest’anno conta solo 8 comuni ‘rifiuti free’. Nella classifica regionale mancano Valle d’Aosta, Umbria, Puglia e Sicilia dove non ci sono comuni con alta percentuale di differenziata e bassa produzione di rifiuto secco residuo.

LE CLASSIFICHE. A comparire nelle graduatorie di Legambiente, suddivise su base regionale e in tre categorie (capoluoghi, sopra e sotto i 10mila abitanti), sono dunque solo i centri abitati che rispondono ai due criteri di selezione. Nel dossier sono comunque elencati tutti i comuni (1520 come quelli dello scorso anno su un totale di 8.055) che, rispettando gli obiettivi stabiliti dal decreto legislativo 152/06, hanno differenziato e avviato a riciclaggio almeno il 65% dei rifiuti prodotti. Sul fronte della raccolta differenziata i migliori tre comuni con meno di 10mila abitanti sono Sassano (Salerno) al 94,6%, Castelcucco (Treviso) al 91,6% e Tortorella (Salerno) al 91,4%. Sopra i 10mila abitanti il primo posto per la raccolta è di Pergine Valsugana (Trento) con l’88,5%, seguito da San Biagio di Callalta (88,3) e Preganziol (87,6), entrambi nel Trevigiano. I comuni del Salernitano sono sul podio anche nella classifica sulla produzione di rifiuto secco che riguarda le realtà con meno di 10mila abitanti. Appena 11,8 chili a Tortorella, 17,3 a Sassano e 20,9 a Valda (Trento). Andando oltre i 10mila abitanti la miglior performance sul fronte della produzione di rifiuto secco residuo è di Monsummano Terme (Pistoia) con il 33,7%, seguono Trevigiano con il 34,3 e Serravalle Pistoiese con il 36,8%. Tra i capoluoghi di provincia le migliori performance sono di Treviso, Pordenone e Belluno.

LE ESPERIENZE GREEN. Nel dossier ci sono storie di eccellenza, come quella dell’Emilia Romagna e del suo “nuovo sistema di premialità e penalità basato sul quantitativo di secco residuo avviato a smaltimento e non sulla percentuale di raccolta differenziata”. Tra le città si distingue Parma (capoluogo riciclone nel 2015) che circa un anno fa “ha attivato una tariffazione puntuale incentivando i cittadini a un comportamento rispettoso dell’ambiente, con una riduzione del costo della bolletta”. Oltre 92mila famiglie ne hanno beneficiato. Altra esperienza positiva arriva dalla Calabria, dove il Comune di Catanzaro ha avviato con successo la raccolta differenziata domiciliare (come già avvenuto in altri capoluoghi del meridione come Salerno, Andria e Cosenza). Il Comune, che partiva dal 10% di raccolta differenziata nel 2015, a maggio di quest’anno ha raggiunto una media dell’80% nelle prime due aree servite, elevando la percentuale complessiva cittadina al 32%.

LE GESTIONI CONSORTILI: L’UNIONE FA LA FORZA. Oltre ai territori di eccellenza, ci sono anche le tante esperienze delle gestioni consortili che confermano ancora una volta la loro validità: praticamente tutti i ‘rifiuti free’, con pochissime eccezioni, fanno parte di un consorzio o di una comunità montana. A guidare la classifica dei Consorzi virtuosi al di sopra dei 100mila abitanti è il Consiglio di bacino Priula (Treviso) che può vantare per i suoi 556mila abitanti quasi l’83% di differenziata a fronte di poco più di 50 chili all’anno per abitante di secco residuo. Tra quelli al di sotto dei 100mila abitanti si distingue invece Amnu, in provincia di Trento, con quasi 43 chili. Gran parte dei consorzi si trovano in Triveneto. “Con caratteristiche territoriali molto simili – spiega Legambiente – diventa economico ed efficiente effettuare un servizio unico che limita di molto la ‘fuga’ di immondizia in altri territori limitrofi”.

LE NUOVE SFIDE. La nuova sfida è la riduzione del secco residuo, “da avviare in impianti di incenerimento e in discarica, per accompagnare verso la rottamazione il sistema impiantistico che ha caratterizzato gli anni ’90 e 2000”. Anche se ci sono stati diversi passi avanti dal punto di vista normativo (dalla legge sulle agenzie ambientali a quella sugli ecoreati), bisogna fare di più. Legambiente rilancia così sei delle dieci proposte contenute nel Manifesto Rifiuti free (le altre 4 sono diventate realtà). Il primo passo da compiere è quello di “utilizzare i proventi dell’ecotassa per politiche di prevenzione, riuso e riciclo” e premiare “i comuni virtuosi e le popolazioni con sistema di tariffazione”. E dato che negli ultimi 20 anni la combustione dei rifiuti è stata ampiamente incentivata rispetto ad altre forme di gestione (nonostante l’Europa indicasse di perseguire prima la prevenzione e il riciclaggio), oggi imperativo è “eliminare gli incentivi per il recupero energetico dai rifiuti” e contemporaneamente “completare gli impianti per il riciclaggio e il riuso dei rifiuti”. Infine “Chi inquina paga”: Legambiente sollecita il ministero dell’Ambiente ad approvare il decreto sulla tariffazione puntuale previsto dalla legge di stabilità approvata nel dicembre 2013 e chiede lo stop a qualsiasi commissariamento per l’emergenza rifiuti.

Articolo Precedente

Bioshopper, la nuova miniera d’oro della camorra: metà dei sacchetti è illegale. Spot Legambiente con boss di Gomorra

next
Articolo Successivo

Pescara, mare inquinato: chiesto processo per sindaco e vice. A un anno dall’incidente situazione ancora critica

next