“Il Pd e il governo cerchino di capire come e dove possiamo fare meglio”. “Ci si apra di più al territorio, alle riflessioni e alle critiche”. “Non minimizzo né drammatizzo ma l’allarme è scattato”. Se l’enews non fosse firmata proprio Matteo Renzi, si farebbe fatica a riconoscere il presidente del Consiglio. Il segretario dem nell’appuntamento settimanale con gli iscritti del Partito democratico chiede a se stesso, all’esecutivo e al partito una riflessione seria sul risultato delle elezioni amministrative. Il tono conferma le indiscrezioni pubblicate da vari giornali in questi giorni, secondo cui il premier vuole cambiare strategia in vista del referendum sulle riforme di ottobre: mostrarsi meno arrogante e soprattutto evitare di personalizzare la campagna. Così alla vigilia della direzione Pd di venerdì 24 giugno, dove lo aspetta la resa dei conti, sembra accogliere le critiche della minoranza e di molti dei sindaci (vincitori e sconfitti) che gli chiedono di occuparsi di più del partito senza escludere l’ipotesi che lasci l’incarico di segretario. Ma se da una parte ammette il risultato deludente, dall’altra ribadisce che lui non mollerà nessuna delle cariche: “La discussione non può essere rimpiazzata dalla polemica sulle poltrone o sul desiderio delle correnti di tornare a guidare il partito”.

Una delle ipotesi circolata nelle scorse ore per affrontare il post voto è stata quella di creare una segreteria politica: Vasco Errani, Luca Lotti, Enrico Rossi, Nicola Zingaretti, alcuni dei nomi a cui Renzi avrebbe voluto chiedere di impegnarsi in prima persona. Che la proposta sia arrivata ufficialmente o meno, il presidente della Toscana Rossi l’ha già respinta: “Mi pare che l’ipotesi di un inserimento in segreteria sia di vecchio stampo. La facevano i vecchi democristiani quando si accorgevano di essere un po’ in crisi al governo”. Pure il presidente del Lazio Zingaretti si è già defilato: “Non succederà”, ha commentato.

In contemporanea Renzi nella newsletter vira il discorso sulla riflessione e punta al ritorno sul territorio. “Oggi in molti mi chiedono di ascoltare con attenzione il messaggio di queste amministrative”, scrive Renzi. “Accolgo volentieri il suggerimento. Penso utile che il Pd e il governo cerchino di capire come e dove possiamo fare meglio. Ci si apra di più al territorio, alle riflessioni e alle critiche dei cittadini, ai suggerimenti degli amministratori locali e dei circoli”. E poi aggiunge: “Non si deve minimizzare, è vero. Ma non si può nemmeno drammatizzare”. Al tempo stesso però il presidente del Consiglio rimanda al mittente le richieste di chi ha ipotizzato la necessità di un suo passo indietro dalla guida del partito. “Non credo che questa discussione – seria e bella come tutte le discussioni vere – possa essere rimpiazzata dalla classica polemica sulle poltrone in segreteria o sul desiderio delle correnti di tornare a guidare il partito. Non credo ai caminetti: apriamo le finestre, spalanchiamole, altro che caminetti. Parliamo, certo: ma con gli italiani e degli italiani, non dei nostri equilibri congressuali“.

Secondo Renzi, il partito deve pensare ai contenuti e non agli equilibri interni. “Il Pd deve caratterizzarsi per le cose che propone”, scrive, “non per le proprie divisioni interne. Possiamo parlare di crescita e di diseguaglianze, di diritti civili e terzo settore, di stabilità istituzionale e lavori a tempo indeterminato, di tassazione e di energie rinnovabili, di innovazione e merito nella pubblica amministrazione, di immigrazione e flessibilità europea. Non di spartizioni interne alle correnti come avveniva in passato”.

In merito alle elezioni, Renzi riconosce che il risultato “ha aperto una grande discussione sulla stampa e dentro al Pd”. “Io penso”, dice, “che sia giusto dire la verità, sempre. I risultati nazionali sono a macchia di leopardo, con vittorie e sconfitte di tutti e tre gli schieramenti (centrosinistra, Centrodestra, cinque Stelle). Tuttavia l’eco dei successi dei Cinque Stelle è molto forte, non solo sui media”. Proprio i grillini sono tra le principali preoccupazioni da affrontare in futuro: “Perché se perdi a Roma dove è accaduto ciò che sappiamo, te lo aspetti. Se perdi anche a Torino dove per giudizio condiviso il sindaco uscente ha governato bene, scatta il campanello d’allarme. In alcuni comuni, dunque, i Cinque Stelle hanno interpretato meglio di noi la richiesta di cambiamento che proveniva dalla società. E hanno vinto, in modo netto”.

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