Il padre Giuseppe, magistrato come lui, si ammalò di ipertensione e per questo il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, fresco di riconferma elettorale, incasserà, insieme al fratello Claudio, un equo indennizzo da parte del ministero della Giustizia. E se Andrea Orlando non provvederà entro tre mesi, si procederà addirittura con la nomina di un commissario ad acta, che sarà il dirigente del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria. Così ha deciso il Tar Campania, IV sezione, nella sentenza depositata il 21 giugno e firmata dai magistrati Anna Pappalardo, Guglielmo Passarelli e Luca Cestaro.

IN NOME DEL PADRE La vicenda inizia il 27 dicembre 2002, quando Nunzia Russo in De Magistris, madre del primo cittadino e vedova di Giuseppe, avanza una istanza di riconoscimento di causa di servizio e di pensione di reversibilità privilegiata. Secondo la donna, l’attività professionale del suo consorte, da poco deceduto, avrebbe concorso in maniera significativa a provocare uno stato di ipertensione arteriosa, a sua volta determinante nell’insorgenza di gravi fenomeni ischemici. Trascorrono 4 anni e nel 2006 una commissione di verifica respinge la domanda. Il ministero della Giustizia emana un decreto attraverso il quale non accoglie la richiesta di equo indennizzo inoltrata dalla vedova del magistrato. Quest’ultima ricorre al tar Campania, lamentando violazioni di legge ed eccesso di potere nell’atto di diniego adottato in sede ministeriale. Nel 2011 le toghe amministrative le danno ragione ed annullano il provvedimento del ministero. Il Consiglio superiore della magistratura ed il Guardasigilli, difesi da Lorenzo D’Ascia, avvocato dello Stato, presentano appello, insistendo nella tesi che non sia ravvisabile alcun nesso causale tra la malattia occorsa al magistrato ed il suo lavoro.

OTTIMO CONSIGLIO Nel 2014 la questione arriva al Consiglio di Stato, dove la madre del sindaco è patrocinata dagli avvocati Aldo Starace e Guglielmo Allodi. La sezione quarta, presidente Paolo Numerico, conferma la decisione del tribunale amministrativo di I grado e respinge il ricorso del Csm e del ministero della Giustizia.In particolare, la sentenza fa riferimento alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, il cardiologo Maurizio Cappelli Bigazzi. Scrive quest’ultimo: “L’ipertensione arteriosa deve essere ritenuta certamente una concausa efficiente nel determinismo della grave insufficienza cerebrovascolare che ha condotto al decesso. Lo stress lavorativo legato alle grosse responsabilità professionali del dottor De Magistris può certamente rappresentare una concausa, anch’essa efficiente, nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa”

POCA GRAZIA Partita apparentemente chiusa. In realtà – ed arriviamo così all’attualità – il ministero non ha dato esecuzione ai due giudizi che lo hanno visto soccombere. Né a quello del Tar di 5 anni fa, né a quello del Consiglio di Stato del 2014. Nunzia Russo, tempo addietro, ha presentato dunque una nuova istanza al tribunale amministrativo regionale della Campania, affinché mettesse in mora il ministro Andrea Orlando. La sentenza del 21 giugno le dà ragione post mortem, perché la signora è deceduta alcuni mesi fa. Riceveranno dunque l’equo indennizzo Luigi e Claudio De Magistris, eredi della vedova. In attesa che il ministero liquidi la somma, che sarà definita sulla base delle tabelle che disciplinano questa materia, i fratelli incassano dal ministero il rimborso delle spese legali sostenute dalla madre, pari a 3.000 euro.

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