Durante la campagna referendaria, nelle scorse settimane, più esponenti politici lo hanno previsto: la Brexit non avrebbe conseguenze soltanto a Londra e nella City della finanza e degli affari, ma impatterebbe anche sulla tenuta delle province e persino sul processo di pace in Irlanda del Nord. Così, mentre tutto il mondo attende il risultato del referendum di giovedì 23 giugno, l’attesa è ancora più spasmodica a Belfast e dintorni, nella porzione britannica dell’isola d’Irlanda, che da un’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione europea teme di avere come conseguenza soltanto instabilità e ulteriori pasticci.

E poco importa che l’intesa del Venerdì Santo, quella che nel 1998 mise d’accordo le diverse fazioni dopo decenni di conflitto, in teoria sia ancora operativo: con un Regno Unito al di fuori dell’Ue, ha dichiarato il premier conservatore britannico, David Cameron, fra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda tornerebbero in vigore i controlli alla frontiera, con tensioni che aumenterebbero e diffidenze che crescerebbero a dismisura. Un brutto colpo all’umore collettivo, insomma.

Ma Cameron è andato anche oltre, forse spinto dall’euforia della campagna anti-Brexit: il governo britannico avrebbe pensato, in caso di divorzio da Bruxelles, persino di istituire i controlli alla frontiera fra Irlanda del Nord e resto del Regno Unito. Il che sarebbe quasi come imporre il controllo del passaporto fra la Sardegna e il resto d’Italia, in una mossa dall’assai discutibile logica ma che per Londra significherebbe controllare effettivamente i suoi confini, che sul fronte fra Irlanda e Irlanda del Nord rischiano di essere molto porosi.

Entrambe le opzioni – controlli fra Irlanda e Irlanda del Nord oppure fra Irlanda del Nord e resto del Regno Unito – sono state definite dalla stampa, e in particolare dal Guardian che ha dedicato ampio risalto alla questione nordirlandese, “potenzialmente disastrose per la provincia”. Certo, in questi giorni nei palazzi del potere di Londra domina la logica dello spauracchio e ogni ipotesi su un eventuale futuro post-Brexit deve essere presa con le pinze. Ma nel nord dell’Isola di Smeraldo la paura monta ed è per questo che i sondaggi hanno sempre mostrato l’opposizione alla Brexit, anche se difficilmente quel milione scarso di voti in arrivo da Belfast potrà fare la differenza nel conteggio finale dell’alba di venerdì 24 giugno.

Come ricordato più volte dall’editorialista del Guardian Kathryn Gaw, però, a essere in pericolo non sono soltanto i confini e gli umori di chi dovrà varcarli. L’Unione Ruropea negli ultimi decenni ha prodotto e diffuso diversi programmi sociali, come quelli sulla pace, sul turismo e sulla convivenza fra gli irlandesi ai due opposti lati della frontiera. Intertrade e Peace and Tourism Ireland sono solo due di questi programmi, che in molte aree dell’Irlanda del Nord hanno favorito la riappacificazione.

Una pace relativa, nonostante le tensioni e il terrorismo covino sempre sotto le braci, con il ministro dell’Interno britannico, Theresa May, che da poco ha innalzato il livello di allerta in tutto il Regno Unito. Il rischio è di nuovo quello delle bombe e degli attentati. Ma è una pace relativa che comunque ha portato il turismo a cifre da record (con un valore di circa un miliardo di euro l’anno) anche grazie all’industria cinematografica del Trono di Spade e di tante altre serie televisive che ora vengono girate fra le verdi vallate dell’Ulster.

Poi, il settore informatico in rimonta e una tassazione in caduta libra che favorirà le imprese, insomma una generale riscossa di un’economia che, nel panorama britannico, era sempre stata la cenerentola del regno. Senza dimenticare i fondi in arrivo dall’Unione europea, almeno 2,5 miliardi di euro dovrebbero essere disponibili entro il 2020, salvo una sorpresa alle urne, appunto. “L’Irlanda del Nord non è mai stata unita come è oggi”, ha commentato Gaw dalle colonne del Guardian. Eppure il futuro dell’Irlanda del Nord pare giocarsi a centinaia di chilometri da Belfast, in quella che ormai è una guerra di posizione fra Londra e Bruxelles. E chi vive a Belfast e dintorni si arrangi.

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