La Storia cambia, anche in posti come Latina. Scolpita nella pietra bianca delle linee rette delle sue strade, nel rigore della sua pianta razionalista, la città di fondazione cuore dell’Agro Pontino sembrava fosse immune da metamorfosi. Invece no. La decennale linea di discendenza che partiva dalla Dc e arrivava a Fratelli d’Italia passando per Alleanza Nazionale è stata interrotta. Il nuovo sindaco è Damiano Coletta, cardiologo di 55 anni che a capo di una coalizione di liste civiche è riuscito a intercettare la volontà di aria nuova che si respira in città. Ambiente, trasparenza, lotta all’abusivismo edilizio i cardini del programma di Latina Bene Comune: nulla di più di una promessa, ma capace di scardinare i gangli di un sistema decennale incardinato nel centrodestra. E’ finita con il 75,05% dei voti per Coletta e il 24,95% per Nicola Calandrini, ex presidente del consiglio comunale, esponente di un centrodestra dilaniato e sfibrato dal regolamento di conti tra Fdi e Forza Italia.

La scossa era arrivata al primo turno. Una civica partita da lontano con la contestazione sull’urbanistica allegra e sull’edilizia dissennata arrivava ad uno 0,6% dalla lista dell’uomo di Fdi, partito del sindaco uscente, Giovanni Di Giorgi, defenestrato da una lotta intestina al centrodestra. Lo scrutinio assegnava il 22,17% a Calandrini e il 22,11% a Coletta, ma si era capito chiaramente che l’aria era cambiata. Su una scena politica frammentata tra le due anime del centrodestra e un Partito Democratico diviso al suo interno, si era inserita la triade Latina Bene ComuneLatina RinasceLbc Giovani, una realtà molto eterogenea, con una forte impronta di centrosinistra, ma capace di raccogliere il voto di protesta di quelli che avrebbero scelto il Movimento 5 Stelle, che alle elezioni non si è presentato, ma anche di togliere ossigeno al Pd.

Al primo turno Calandrini aveva battuto Alessandro Calvi, ma non il suo sponsor principale, Claudio Fazzone. E l’inimicizia con senatore e ras di Forza Italia nel sud pontino gli è stata fatale. Con il cardiologo, alla prima esperienza amministrativa, la società civile entra per la prima volta nel municipio affacciato su piazza del Popolo e fa cadere il regno della destra. Dopo Fernando Bassoli, repubblicano, primo sindaco del dopoguerra, era cominciata l’era democristiana conclusasi solo nel 1993: Ajmone Finestra, fiero fascista fino all’ultimo, era stato sindaco due volte, seguito da Vincenzo Zaccheo, della covata storica del Movimento Sociale poi confluito in Alleanza Nazionale; e infine Di Giorgi, nato in An, poi trasmigrato in Fratelli d’Italia e caduto dopo aver perso la guerra con Fazzone.

“Non basta voltare pagina, è arrivato il momento di cambiare libro“, è stato il leit motiv della campagna elettorale di Coletta. Un libro fatto di speculazioni edilizie, una certa allegria nel dispensare concessioni e cambi di destinazione d’uso, di metro leggere promesse e progettate e mai costruite, di un territorio che l’inchiesta Don’t touch sull’organizzazione criminale che spadroneggiava in città ha illuminato di una luce sinistra, fino a lambire i vertici di Fratelli d’Italia con l’iscrizione nel registro degli indagati del parlamentare di Fdi Pasquale Maietta, che di Calandrini è stato il principale sponsor politico. “Abbiamo cambiato il libro”, esultava domenica sera il neo sindaco. Per ora ha voltato pagine vincendo le elezioni, il nuovo libro è ancora una bella speranza.

Nel Lazio 4 comuni su 14 vanno ai 5 stelle – In provincia di Latina, il Pd respira a Minturno, dove Gerardo Stefanelli ha vinto con un netto 67,52% su Massimo Signore del centrodestra. Confermato invece alla guida di Terracina Nicola Procaccini, dei Fdi, con un rotondo 63% che gli fa vincere il derby di centrodestra contro il forzista Gianluca Corradini.

Nel Frusinate sono tre i grandi Comuni che andavano al voto: ad Alatri il sindaco è Giuseppe Morini del Pd, che con il 52,2% supera il civico Enrico Pavia. Di segno opposto il sindaco di Cassino: Carlo Maria D’Alessandro, sostenuto da una ampia coalizione di centrodestra, vince il tricolore, ma davvero per un soffio (50,70%); rimpianti per Giuseppe Golini Petrarcone, centrosinistra. Anche a Sora vince il centrodestra nella figura di Roberto De Donatis, con il 57,23%; nulla da fare per Ernesto Tersigni.

Quattro nuovi sindaci a 5 stelle tra i Castelli Romani e il lago di Bracciano: il ballottaggio ha cambiato la geografia politica dei comuni che orbitano attorno a Roma. Sono da oggi pentastellati i sindaci di Marino, Genzano, Nettuno e Anguillara Sabazia. Quattro sindaci grillini sui 14 al ballottaggio nel Lazio.

A Marino il M5s aveva già vinto il primo turno con il 32,23% di Carlo Colizza, che al secondo si è trasformato in un 67,57 che ha travolto la Pd Eleonora Di Giulio. Capovolto invece lo scenario a Genzano, dove l’uscente Flavio Gabbarini del Pd aveva superato il primo turno con il 42,6% dei voti, il doppio del pentastellato Daniele Lorenzon, che però al ballottaggio ha sfiorato il 59,6%, guadagnandosi la fascia tricolore.

Ad Anguillara Sabazia, una donna come Virginia Raggi: Sabrina Anselmo (sindaco con il 55,5%, dopo un 27,4 al primo turno) è stata protagonista di una rimonta su Antonio Pizzigallo (centrodestra), al primo turno quasi al 47%. A Nettuno, sul litorale sud, è sindaco Angelo Casto con il 69%; lo sfidante Rodolfo Turano, sostenuto dal centrodestra e vincitore del primo turno, è andato poco sotto il 31 al secondo.

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