Ogni anno produciamo circa 100 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica. Una quantità così grande e così difficile da smaltire che, come la cronaca tristemente ha registrato, esistono vere e proprie isole di questo materiale. Ma quello che danneggia l’ambiente quando non serve più potrebbe trasformarsi in energia. Bottiglie, busti, contenitori potrebbero diventare carburante.

Un team di ricercatori dell’Università della California Irvine ha sviluppato un nuovo processo chimico in grado di degradare materiali plastici in polietilene in combustibili liquidi e cere. Il metodo, spiegano i ricercatori nell’articolo su Science Advances, potrebbe aiutare a riciclare milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno e a trasformarle anche in “carburante” per le macchine o in cere usate nei processi di produzione industriale.

La plastica costituisce una parte importante dei rifiuti dell’uomo. I materiali in polietilene e propilene costituiscono oltre il 60% del totale della plastica contenuta nei rifiuti solidi urbani. E, come se non bastasse, il polietilene è molto difficile da degradare senza trattamenti speciali. La nuova tecnica sviluppata dall’ateneo californiano riesce a rimescolare gli idrocarburi presenti nel polietilene usando dei reagenti leggeri e poco costosi e i ricercatori sottolineano che diversi tipi di polietilene possono così essere completamente degradati nel giro di una giornata. Il metodo è stato testato con prodotti in plastica comuni, dalle bottiglie alle pellicole delle confezioni alimentari, alle buste della spesa.

L’articolo su Science

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