Tre condanne e un’assoluzione. Si è concluso così il processo con rito abbreviato per la guerriglia urbana del 1 maggio 2015 a Milano durante il corteo contro l’Expo, quando durante la manifestazione erano state prese d’assalto auto, vetrine, negozi, banche, cassonetti, fioriere. L’accusa principale di devastazione ha retto per un solo giovane antagonista che è stato condannato a tre anni e otto mesi, mentre altri due hanno ricevuto pene fino a due anni e due mesi per il reati di resistenza a pubblico ufficiale. Un quarto antagonista è stato assolto da tutte le accuse e per lui e un altro imputato è stata revocata la misura degli arresti domiciliari.

In particolare, il giudice ha condannato a 3 anni e 8 mesi Andrea Casieri (è ancora detenuto in carcere) con la concessione delle attenuanti generiche e per i reati di devastazione e incendio, resistenza a pubblico ufficiale e travisamento. Edoardo Algardi e Niccolò Ripani sono stati condannati, invece, rispettivamente a 2 anni e 2 mesi e a un anno e 8 mesi (pena sospesa) per il solo reato di resistenza, mentre per loro è caduta l’accusa principale di devastazione. Per Ripani, tra l’altro, è stata revocata la misura degli arresti domiciliari ed è tornato libero, mentre la difesa di Algardi potrà chiedere la revoca dei domiciliari. Assolto, invece, da tutte le accuse, compresa la devastazione, Alessio Dall’Acqua, per il quale è stata revocata la misura degli arresti domiciliari.

Il giudice ha riconosciuto un risarcimento da quantificare in sede civile per Unicredit che era parte civile per due filiali danneggiate. Riconosciuto anche un risarcimento per danni di immagine da 15mila euro per il ministero dell’Interno che era parte civile e che aveva chiesto 300mila euro.

Le indagini avevano portato all’arresto dei quattro giovani lo scorso 12 novembre. Un quinto giovane milanese destinatario della misura cautelare è ancora latitante, mentre nello stesso blitz erano stati arrestati ad Atene anche cinque anarchici greci per i quali la Grecia, però, nei mesi scorsi non ha concesso l’estradizione non riconoscendo, in sostanza, il reato di devastazione e quella che l’autorità giudiziaria greca ha ritenuto un sorta di “responsabilità collettiva”.

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