La vita va sorseggiata. A berla tutta insieme dà alla testa, di astemi non si hanno notizie, mentre parecchie sono le spugne che non mancano di destare l’attenzione.

Nessuno ci ha chiesto se volevamo nascere, ma eccoci qui a vivere, gioire e soffrire: un po’ comici, un po’ tragici e un po’ eroici. Nessuno ci chiederà mai neanche se vogliamo morire perché voce in capitolo, rispetto alle uniche due certezze della vita, non ne abbiamo. Sarà, quindi, per una qualche forma di compensazione che riempiamo la quotidianità di scelte: quando giuste, quando meno, quando a nostra insaputa, dirsi sempre le cose come stanno non è sempre la mossa più amata.

Stabilire le regole al di fuori delle quali condurre la propria esistenza è pratica senza supporto di teoria. Ci cimentiamo con una certa esperienza acquisita in anni di battibecchi tra cuore e cervello, la coppia di fatto che ha visto riconoscersi diritti e doveri, prima ancora che qualsiasi Stato, ordinamento giuridico o opinione popolare potesse rivendicare cosa è normale e cosa della norma si fa beffe. Se bastasse la disfunzionalità in una relazione per farla terminare, saremmo tutti single. Ringraziate quel che di voi sta messo peggio, se ogni tanto tocca anche stare bene. Talvolta si sta talmente male che si comincia a stare meglio per fare dispetto.

La paura di ferire non è poi così diversa dalla paura di guarire: sarei quasi tentato di dirvi come l’ho scoperto, ma vi toglierei parte del divertimento. Datevi da fare!

Da Freud in poi abbiamo imparato a scomporre le relazioni: oggi con internet si dà una risposta a tutto, le diagnosi su se stessi e sugli altri proliferano, tutto pur di non vivere senza domande alle quali non troveremmo una risposta. Una domanda che ha trovato la sua risposta non è più tale, cambia natura. Il punto interrogativo è stato spacciato per segno di interpunzione perché, a rivelarne la natura di condizione umana permanente, qualcuno avrebbe potuto millantare la propria estraneità. Il sentirsi diversi è campione d’incassi al botteghino dei nostri interessi, salvo poi scoprire dai bagarini che il prezzo da pagare è solo un opinione tra le tante. E chi offre di più ha la meglio.

Cerchiamo di ridurre le relazioni a formule matematiche, senza capire che sono i nostri errori la nostra salvezza, sono solo cose dotate di senso sotto mentite spoglie. Pensateci, chi ce la farebbe fare altrimenti a continuare a sbagliare? Non basta tutta l’esperienza accumulata dalla storia, dai nostri avi, dai libri per metterci al riparo dall’errore. Errare humanum est. E se perseverare sarà diabolicum, almeno non passa mai di moda.

La ragione è un rischio che non dovremmo più correre: perdersi non è pericoloso come ritrovarsi. La sanità è come la santità, non esiste, se non per sentito dire o sulla fiducia. Chi sa chiedere aiuto sa fare la differenza, anzi la fa. Gli altri circolano ancora liberamente. C’è disagio! A(r)miamoci gente!  Andiamo incontro all’altro diffidenti, ma speranzosi, non importa che i due stati d’animo siano inconciliabili, loro non lo sanno e noi stiamo ben attenti a non divulgare troppo la cosa. Quel che ci manca è l’avversione per la contraddizione.

 

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