Tutti gli occhi erano puntati sulla Ferrari che per l’ennesima volta era attesa ad una prova da “ultima spiaggia”. Dopo le pessime prestazioni di Barcellona e Monaco, in Canada si voleva capire quanto gli aggiornamenti apportati al turbocompressore della SF16-H potessero aiutare la Rossa a tornare competitiva. La buona notizia è che, l’aggiornamento ha funzionato come si sperava, la brutta è che invece rimangono solo 4 gettoni alla Ferrari mentre i suoi avversari possono contare su un bottino decisamente maggiore e questo preoccupa non poco.

Certo eravamo su una pista particolare, da medio-basso carico aerodinamico, meno favorevole alla Red Bull e più alla Williams (tornata a podio con Bottas). La conformazione del tracciato, di fatto, ha aiutato anche la Ferrari che di carico aerodinamico non ne ha da vendere molto. Il recupero prestazionale della Ferrari, apparsa per certi momenti quasi alla pari con la Mercedes, non può essere riconducibile solo agli interventi al turbocompressore. Il motore della Rossa certamente non è il migliore del lotto ma non è neanche il motore del 2015 che già quest’anno aveva dimostrato di essere molto migliorato.

A Montreal per come si erano messe le cose con Vettel (solo lui, di Raikkonen si son perse le tracce) si poteva puntare alla vittoria, se non per una scelta irresponsabile del muretto Rosso che sceglieva di far rientrare per il pit stop Vettel in modo da sfruttare una virtual safety car che in quel momento, “cronometricamente” parlando, ha fatto pagare il pit al tedesco molti meno secondi del normale. Certo il guadagno c’è stato, ma a mancare è stato il degrado delle gomme di Hamilton. Non si è capita poi la scelta di utilizzare le gomme super-soft, utilizzate solo da tre piloti in tutta la gara: Button, Haryanto ed ovviamente Raikkonen. Quante volte è capitato quest’anno e quante altre volte potrà capitare di passare la prima curva davanti alle Mercedes e quando capita, ci si inventa la strategia alternativa? Per fare cosa? Dovevamo cercare il colpo di genio per raddrizzare una gara storta? Non credo… intanto il team Mercedes ringrazia.

Ma a far discutere molto è stato anche l’eccessiva flessibilità dell’ala posteriore Ferrari. In rete sono circolati subito filmati che mostravano come tutta la struttura dell’ala posteriore, alle alte velocità, flettesse all’indietro in modo da scaricare l’ala e favorire il raggiungimento di una velocità di punta maggiore. In Italia si è pensato ad evidenziare solo la flessibilità delle ali anteriori di Mercedes e Red Bull (anch’esse sospette per la verità) ma mai si è spesa una parola sul comportamento anomalo dell’ala posteriore della SF16-H.

Diciamo subito che il regolamento tecnico parla chiaro: “Nessuna parte della macchina deve influenzare le performance aerodinamica ma deve rimanere immobile”. Basterebbe questo per chiudere una discussione infinita ormai da anni presente in F1. C’è di fatto che fino a quando la FIA non si esprimerà al riguardo e finché non applicherà test e prove per verificare i dubbi sollevati dalla Mercedes alla Federazione, l’ala della Rossa può continuare ad essere utilizzata regolarmente seppur evidenziando ampie flessioni.

Rimane il fatto che la Federazione può, in ogni momento del Campionato, decidere di inasprire i test sulla flessibilità che vengono eseguiti e pretendere maggiore rigidità su un determinato particolare se ritenuto capace di modificare le performance aerodinamiche. D’altronde a flettere sono sempre state le estremità dei flap o singoli elementi, non tutta una struttura completa compresa il pilone di sostegno. Non esiste infatti, un test che verifichi nel dettaglio la flessione del pilone o dei piloni, quindi per il momento, e forse anche per la gara successiva, per la felicità dei tecnici della Ferrari, una volta tanto ai limiti del regolamento, non cambierà nulla.

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