Una lettera esplosiva recapitata da un mittente per ora anonimo nella sede dell’Efsa, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma. Un plico che, se aperto, avrebbe potuto provocare una fiammata e ferire delle persone, ma che fortunatamente è stato intercettato dai dispositivi di sicurezza dell’Authority prima che giungesse a destinazione. Il pacco è arrivato martedì 7 giugno nel post office dell’Efsa, ma ha subito insospettito gli addetti allo smistamento che hanno il compito di verificare la corrispondenza. La busta infatti riportava il nome di una persona che non fa parte dei dipendenti dell’agenzia ed è stata quindi sottoposta, come tutta la corrispondenza, all’esame di metal detector e raggi x. Dal controllo, è risultato che al suo interno vi fossero fili, una batteria e materiale esplosivo che avrebbero potuto innescare la deflagrazione.

L’emergenza è scattata intorno alle 12,30 e si è protratta fino alle 13,45, anche se all’inizio sembrava si trattasse di un falso allarme. Forze dell’ordine e artificieri hanno fatto evacuare la mensa e il piano -1 dell’edificio, dove si trova l’ufficio postale, e alle 13 circa il pacco è stato fatto brillare nel piazzale davanti gli uffici, per poi essere inviato alla polizia scientifica che eseguirà gli accertamenti sull’ordigno. Sul caso è al lavoro la Procura distrettuale di Bologna, che ha aperto un fascicolo per porto e detenzione di materiale esplodente con l’aggravante di avere agito con finalità di terrorismo. Ad occuparsene sarà il procuratore aggiunto Valter Giovannini, responsabile del gruppo terrorismo, mentre le indagini sono seguite dalla Digos di Parma. La prima ipotesi circolata era quella di un gesto di matrice anarco-insurrezionalista contro le politiche in tema di Ogm, visto che l’Efsa già in passato era stata presa di mira da un gruppo di attivisti. Per ora però non ci sono state rivendicazioni e sul caso c’è il massimo riserbo da parte degli inquirenti.

Intanto la questione è diventata un caso politico. Alla solidarietà inviata, tra gli altri, dai ministri Maurizio Martina e Beatrice Lorenzin, che parla di “atto intimidatorio che richiede una pronta azione di tutte le forze inquirenti per fare piena luce sull’accaduto”, risponde con un dito puntato il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che soltanto due mesi fa si era visto negare proprio dal governo unità operative antiterrorismo richieste anche in virtù della presenza dell’agenzia europea in città. “Intendo esprimere tutta la mia vicinanza all’Efsa e ai suoi dipendenti per il drammatico episodio accaduto. Il fatto è grave e per questo nutro preoccupazione” ha commentato il primo cittadino Cinque stelle, che si trova in visita istituzionale in Cina, ribadendo però la necessità di trovare soluzioni concrete per la sicurezza. Nonostante l’authority, nella città ducale infatti non è presente un’unità operativa antiterrorismo, a differenza per esempio di Modena o di Bologna. Il Comune a fine marzo ne aveva fatto richiesta, insieme a un numero maggiore di agenti di polizia, proprio al viceministro dell’Interno Filippo Bubbico. “Durante l’incontro al Viminale con il viceministro Bubbico – ha spiegato il primo cittadino, riferendosi al 31 marzo scorso – avevamo esplicitamente richiesto unità operative antiterrorismo. Ora ribadiamo con ancora più forza e ancora più determinazione di essere ascoltati dal ministero, che non può fare finta di nulla. Episodi di questo genere sono troppo gravi per rimanere inascoltati”.

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