Per un nuovo #RinascimentoCooperativo che produca posti di lavoro e non solo profitti per i colossi del web.

La guerra per accaparrarsi il dominio dell’enorme mercato della pubblicità online sta portando alla luce una semplice verità: noi cittadini siamo alla mercé dei colossi del digitale. Facebook e Google ci seguono più e meglio di quanto abbiano fatto nel corso dei secoli le polizie dei re e dei dittatori. Uno dei loro obiettivi primari è quello di dare massimo spazio e privilegiare gli inserzionisti: uno scopo, solo apparentemente innocuo e lecito nelle economie di mercato occidentali.

Perché mai dovremmo preoccuparci, allora? Perché, come spiega Bernardo Parrella in questo articolo, di fatto non esiste più la possibilità di sottrarsi a questa logica. Ci hanno già pensato Google, Facebook e gli altri a incastrarci. Infatti, anche i non iscritti a questi social network sono piegati alle politiche di mercato di queste aziende come mostra un recente studio della Princeton University. Peraltro fuori dal controllo non solo nazionale, ma anche dell’Unione europea.

Facebook è solo un social network? Si tratta di un social network oppure dell’ultima frontiera del colonialismo? La risposta a questo punto è ovvia. Facebook e tutti gli altri non sono “solo” dei social network.

Geert Lovink 540Verso un nuovo “Rinascimento cooperativo”
Non si tratta di demonizzare una realtà come quella dei social network attuali, quanto di aprire prospettive differenti, quelle che dipendono dalle nostre scelte in qualità di cittadini consapevoli. Se “Facebook vuole colonizzare un numero sempre maggiore di componenti della vita sociale (amicizie, comunità, condivisione, memoria, giornalismo)”, come propone uno studio del Social media collective, non è detto che non sia possibile avviarci lungo la produzione di sentieri alternativi. A partire, per esempio, dalla proposizione di un nuovo “Rinascimento cooperativo” suggerito dal saggista e teorico delle culture di rete, l’olandese Geert Lovink, di cui  esce ora l’ultimo libro, “L’abisso dei social media”. Fra l’altro ne parlerà lo stesso autore, in due appuntamenti, martedì 7 giugno a Roma, nel pomeriggio al convegno internazionale Interactive imagination e in serata al Forte prenestino.

In aggiunta a varie riflessioni e studi sul controllo della sfera pubblica nell’era degli algoritmi, Lovink non è certo l’unico a incoraggiare l’avvio di un simile “Rinascimento cooperativo” online – impegnato a creare reti organizzate e autonome, capaci di operare al di fuori dell’economia basata sui “mi piace”.

Si tratta, insomma, di questioni scottanti che vanno ben oltre l’ambito digitale, come ribadisce lo stesso Lovink in un’intervista dei giorni scorsi, in cui si chiede: “Come poter resistere alla logica della start up e continuare contemporaneamente a fare cose interessanti, come, per esempio, fondare cooperative o lanciare strutture basate sul peer-to-peer, con nuove forme di pagamento per la gente che ci lavora e trovare forme alternative di finanziamento?”. “Abbiamo quest’obbligo storico di creare posti di lavoro – spiega -Se non lo facciamo noi, l’Europa è persa e la guerra imminente. È una questione davvero seria. L’occupazione non si materializza da sola, né potranno essere altri a crearla. Dobbiamo smetterla con l’opzione di default del “tutto gratis”, per trasformare la rivoluzione digitale in un’economia veramente decentralizzata capace di garantire benefici a tutti“.

Ora cosa si fa quindi? Non sappiamo cosa ci riserva il futuro ma possiamo costruirlo. Attingendo alle nostre radici culturali che, forse, possono aiutarci a creare, o almeno riprenderci l’economia di base e decentralizzata promessa da Internet fin dal suo avvento, un approccio teorico-pratico che, nel giro di appena 30 anni, sembra già destinato al fallimento.

Il primo passo non è tanto la fuga dai social network, quanto piuttosto l’incontro dei corpi, nel mondo “reale”, per usare gli strumenti attuali senza esserne usati. Insieme a una maggiore consapevolezza dei nostri movimenti nel digitale, per imparare a scegliere spazi online più “umani” e confacenti a una socialità sì interconnessa ma soprattutto collaborativa, aperta, propositiva. E magari disertare questi mega social network online (o pseudo tali), uscire in strada e impegnarsi un po’ di più nel sociale quotidiano, per costruire insieme questa interazione cooperativa. Sì, si può fare.

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