Non sopportava che il figlio diciottenne fosse omossessuale. Per questo, armato di pistola e mazza da baseball – riporta La Stampa – ha teso un agguato al suo amante, preso a pugni e bastonate. All’inizio si era pensato a un tentativo di rapina, solo adesso si è scoperto che l’aggressione a tre giovani avvenuta nella notte dello scorso 16 maggio in un’area di servizio di Benevello, in provincia di Cuneo, è stata un vero e proprio raid punitivo. A capirlo sono stati i carabinieri, che hanno denunciato un noto professionista cuneese e l’amico complice per concorso in lesioni personali aggravate, violenza privata, minacce e danneggiamento. “Un episodio di gravità inaudita, un allarme che deve essere affrontato con urgenza dal Parlamento”, commenta Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay.

I carabinieri della stazione di Cortemilia, poco più di 2.400 abitanti, hanno scoperto la verità analizzando i filmati delle telecamere di sicurezza della zona dell’aggressione. Per giorni il paesino delle Langhe ha temuto le scorribande dell’ennesima banda di rapinatori. E invece dietro quella violenza si nascondeva quello che l’Arcigay bolla come “crimini d’odio“.

Quella notte il diciottenne e il suo amante si erano dati appuntamento nei pressi di un distributore di benzina. Il padre del giovane, che aveva tentato di dissuadere in tutti i modi il figlio da quella relazione, ha deciso di dare una lezione al suo amante, un giovane astigiano di origini marocchine. Per sapere con precisione quando i due si sarebbero incontrati, l’uomo è entrato nel profilo Facebook del figlio e una volta scoperto ora e luogo ha organizzato il raid. Ma non conoscendo il fidanzato del figlio, prima ha malmenato un automobilista, che si trovava lì per caso, poi con il complice si è accanito nei confronti del marocchino e di un suo amico, finito in ospedale con una prognosi di tre mesi. I due sono stati picchiati e minacciati con una pistola. Quando i carabinieri hanno ricostruito la vicenda grazie alle videocamere della zona e alla testimonianze delle vittime e degli avventori di un ristorante vicino, il padre ha ammesso in parte il motivo del suo gesto davanti agli investigatori.

“La vicenda – sottolinea Piazzoni – accende ancora una volta i riflettori sul l’omotransfobia del nostro Paese e sul livello di legittimazione sociale e culturale su cui questo fenomeno può contare. Questi sono gli episodi per fronteggiare i quali chiediamo una legge contro l’omotransfobia che punisca con severità atti di questo tipo. Servono perciò specifiche aggravanti, le stesse che chiediamo da anni, invano, alla politica. L’assenza di queste aggravanti contribuisce a derubricare come meno gravi le aggressioni a sfondo omotransfobico, creando un ignobile senso di tolleranza e legittimazione culturale rispetto a queste violenze. Di tutto questo – conclude il segretario di Arcigay – fanno le spese giovani ragazze e ragazzi, la cui unica colpa è di voler vivere liberamente i propri affetti”.

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